«Non è la prima volta che i comandanti di navi in situazioni di difficoltà tendono a sminuire e ad essere per così dire silenziosi e reticenti».
Allindomani della pubblicazione sul web delle numerose conversazioni tra Francesco Schettino e Gregorio De Falco, il responsabile della sala operativa della Capitaneria di Livorno ieri ha confermato i forti dubbi fin dalle prime conversazioni con il capitano della Concordia.
«Mi ha preoccupato il tono di Schettino. Gli ho ordinato di tornare a bordo quando era già sulla scialuppa. Cerano ancora tanti naufraghi in difficoltà: anche donne e bambini».
In altre parole, si capiva che il comandante della Costa aveva mentito e abbandonato la nave con ancora i passeggeri a bordo.
«Abbiamo approfondito e fatto scattare subito i soccorsi. La mia vocazione e quella dei colleghi è di salvare vite umane e non siamo soddisfatti se non riportiamo tutti a casa. Purtroppo ci sono stati dei morti. Avrei voluto salvarli tutti. In ogni caso, abbiamo fatto soltanto il nostro dovere. La Guardia Costiera è un'istituzione sana».
Toni duri, durissimi, quella maledetta sera, con Schettino, che è di origini campane come De Falco. L'ordine di salire sulla scaletta, facendo a ritroso il cammino, è stato perentorio e professionale.
«Già prima della conversazione, il fatto che si parlasse di un guasto elettrico non poteva conciliarsi con l'annuncio ai crocieristi di indossare i salvagenti».
E stamane De Falco torna in sala operativa.
«Posso confermare quello che ha detto Gregorio ieri - dice il comandante Francesco Paolillo, della Capitaneria di Livorno -. I toni usati con Schettino non sono stati duri, ma fermi e accorati nello spirito di servizio e di professionalità. Domani acquisterò subito la maglietta a tema che va a ruba sul web».
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