Quella speranza di Giustizia

Bene il «pacchetto sicurezza». Ottima la severità nel controllo dell’immigrazione clandestina. Roberto Maroni e Angelino Alfano, i due ministri - Interno e Giustizia - cui toccherà d’applicare questa aggiornata strategia dell’ordine pubblico, avranno un impegno gravoso. La giovane età del Guardasigilli - 38 anni - dovrebbe garantire un approccio innovativo a problemi che il Paese si trascina dietro da oltre mezzo secolo. Gli consiglio tuttavia - perché possa cautelarsi - di dare un’occhiata ai molti passati annunci di rigore verso la piccola e grande criminalità, di snellimento delle procedure giudiziarie, di espulsioni in tempi brevi d’extracomunitari clandestini o dediti alla malvivenza.
A quegli annunci stentorei è seguito, di solito, poco o nulla. Del che si lamentavano, per quel che possono, i cittadini: cui veniva risposto che i garantismi eccessivi inceppano l’azione della legge, che i magistrati sono oberati da un carico immane di vecchi fascicoli, che polizia e carabinieri lavorano in condizioni di estremo disagio perché manca perfino la benzina per le loro auto. Se il Guardasigilli terrà a mente questi precedenti eviterà almeno di fornirci, a breve termine, le stesse logore spiegazioni. La gente chiede che i provvedimenti vengano varati quando si sa d’avere gli strumenti per realizzarli. Chiede inoltre la gente - leggendo quotidianamente sui giornali di processi importanti finiti nel nulla per la mannaia della prescrizione - che i processi si facciano.
L’impressione è questa: gli addetti ai lavori - il personale giudiziario e gli avvocati - tengono in funzione un gigantesco congegno che, come le macchine inutili di Munari, per un buon trenta o quaranta per cento della sua attività gira a vuoto. Scartoffie, faldoni, citazioni, ingiunzioni, ordinanze, sentenze, tutto viene scritto e timbrato con burocratica meticolosità per poi approdare al nulla. Una giustizia che per l’onerosità degli arretrati non riesce a tenere il passo con le incombenze urgenti - e magari finisce, complice la negligenza di qualche toga, per scarcerare pessimi ceffi e per lasciarli tranquillamente circolare in Italia -, perde il suo tempo in atti privi di qualsiasi possibilità di sopravvivenza. Su di essi calerà una pietra tombale. Il rimedio, si dirà, è semplice, accelerare i processi.

Forse conveniva raggiungere questo risultato - se ne è discusso fino all’estenuazione, senza risultati - prima d’abbreviare, con la cosiddetta ex-Cirielli, i tempi della prescrizione. Spero che lei, ministro Alfano, ci risparmi in futuro lo spettacolo dì una giustizia del vuoto e del nulla: dispersa nel deserto, come certi fiumi.

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