Quelle commissioni del Congresso spina nel fianco della Casa Bianca

Dalla Difesa alla Giustizia, i nuovi leader parlamentari sono tutti pericolosi «nemici»

nostro inviato a New York
I democratici giocano a Risiko: conquistano 24 territori. Sono pronti: dopo 12 anni hanno la bandierina in mano. Prendono tutto: l’Assemblea del Congresso e ora le commissioni. Perché quello è il vero centro del potere, perché è lì che si decide. Dicono che non faranno le barricate anti-Bush e che vogliono imparare a governare. Però hanno piazzato l’artiglieria pesante: sono i ranking member, cioè i leader della minoranza nelle commissioni che per la consuetudine Usa diventano presidenti quando la maggioranza si ribalta. La Casa Bianca legge i nomi e si preoccupa. Sono tutti nemici.
Alla commissione Difesa del Senato andrà Carl Levin, senatore del Michigan. Levin ha votato contro l’invio delle truppe in Irak e ha più volte criticato le scelte dell’amministrazione in politica estera. È stato pesante. In una dichiarazione congiunta con il senatore della Virginia dell’Ovest John Rockefeller IV, ha detto un anno fa che il presidente ha mentito al Congresso e al Paese sulle ragioni della guerra in Irak. Rockefeller IV, appunto. È un altro dei senatori che comanderanno le commissioni. A lui andrà l’Intelligence. Altra brutta notizia per l’amministrazione. Avere la commissione contro può far male: lì si può bloccare il lavoro di anni della Casa Bianca, su quei banchi si può decidere di mettere in stato d’accusa il presidente. Impeachment. Che è uno spauracchio, ma ronza nell’aria. Ronza per colpa di John Conyers. Lui è il deputato del Michigan che andrà a sedersi sullo scranno più alto della commissione Giustizia della Camera. Conyers è uno dei più duri avversari dell’amministrazione. Ha partecipato alle manifestazioni pacifiste contro l’intervento in Irak e nei mesi scorsi aveva minacciato di proporre l’apertura di un procedimento per la messa in stato d’accusa di Bush. Adesso fa il moderato. Dice che quella richiesta non è più sul suo tavolo, che ora sta con Nancy Pelosi e vuole collaborare con il presidente per il bene del Paese.
È la stessa cosa che potrebbe fare la commissione Giustizia del Senato. Lì ci sarà il senatore del Vermont Patrick Leahy. Duro anche lui. Agli Esteri, invece, il prossimo presidente sarà il senatore del Delaware Joseph Biden. Con lui altri democratici forti: l’ex candidato alla presidenza John Kerry e il senatore dell’Illinois Barack Obama. La commissione Sicurezza interna, invece, sarebbe presieduta dal senatore del Connecticut Joe Lieberman rieletto da indipendente. Qui Bush può respirare. Così come quando vede che Collin Peterson sarà il prossimo presidente della Commissione Agricoltura della Camera. È il fondatore dei blue dog, i democratici moderati e tendenzialmente conservatori tra cui c’è anche Jane Harman, deputata della California che da gennaio guiderà la Commissione speciale sull’Intelligence della Camera. È una che non dispiace alla Casa Bianca. Poi però Bush scorre le pagine e vede altri nomi pericolosi: Ike Skelton si prende la commissione Difesa della Camera. Deputato del Missouri, ha messo la faccia e la firma su molti documenti che chiedono il ritiro progressivo delle truppe americane dall’Irak. Critici dell’amministrazione saranno anche i nuovi presidenti delle commissioni economico-finanziarie. In quella Stanziamenti della Camera arriva il deputato di New York Charles Rangel. È un posto importante. Da lì partono tutti i finanziamenti del Congresso. Rangel viene da Harlem, è un tipo tosto. Vive nei corridoi del Campidoglio da una vita. Sa come può far male.

Negli ultimi giorni della campagna elettorale, ha avuto uno scontro con il vicepresidente Dick Cheney che lo accusava di non capire molto di economia. Rangel non ha aspettato: «Cheney è un figlio di puttana». Il clima è questo. Al di là delle dichiarazioni di facciata, il Risiko è cominciato. E Bush sa che si deve guardare alle spalle.

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