Benedetto XVI ha inaugurato ad Aparecida, in Brasile, la quinta Assemblea dei vescovi latinoamericani, con un discorso sorprendentemente breve. Nulla a che vedere con gli interventi lunghissimi dei suoi predecessori, nelle passate edizioni. Parole essenziali, misurate, quasi la riformulazione di un credo in miniatura o un Bignami del catechismo. Chi si aspettava denunce sulle strutture sociali ingiuste, interventi pro o contro le comunità di base, anatemi sulla teologia della liberazione, o quantaltro, sarà certamente andato deluso.
Ma cosha detto il Papa nella sostanza? Ha ribadito la fede apostolica e cioè che è necessario accostarsi alla persona di Gesù Cristo, vivendo nellascolto della sua parola, dentro la fraternità ecclesiale e rafforzati dai sacramenti. Tutto qui.
Mi rendo conto che qualche lettore, a questo punto, potrebbe sentire la cosa come una questione di chiesa o, nella peggiore delle interpretazioni, un fatto da sacrestia. Ritengo, invece, che in questa indicazione di rotta si nasconda la grande rivoluzione sociale e culturale che questo Papa sta portando avanti. In sostanza, egli afferma che il vero cambiamento della storia può partire solo da un rinnovamento delle coscienze. Non sono le disponibilità di mezzi o le strutture che cambiano il mondo, ma è solo la testa di gente illuminata che, entrando in queste strutture, può operare trasformazioni inimmaginabili. È stato così allinizio del cristianesimo, quando i primi seguaci del Nazareno non possedevano «né oro né argento», erano cioè senza mezzi di alcun tipo. Per di più erano cacciati e perseguitati, ma seppero, proprio in forza della loro rivoluzione interiore, diventare i paladini della libertà di coscienza, imponendo al mondo nuovi stili di vita.
Indicando questa rotta, ritengo che il Papa avesse in mente due situazioni di fondo, presenti nella chiesa e nella società. La prima è quella di unevangelizzazione che confonde la fede con la sociologia. Non sono lontani gli anni in cui Giovanni Paolo II, incontrando i governi sandinisti, doveva fare i conti con una fila di preti rivoluzionari, passati a fare i ministri o con incarichi politici. In America, come in Europa, preti intenti a fare battaglie sindacali, a pianificare strategie occupazionali, a battersi per la diffusione dei preservativi, a contestare la chiesa nelle chiese, a candidarsi nelle file dellestrema sinistra, dopo aver buttato la tonaca alle ortiche, nel nome del popolo, della pace e della giustizia... Gente probabilmente in buona fede, ma ingenuamente condizionata dai partiti e dalle ideologie, quanto involontaria propagatrice del dio ignoto, più che di quello evangelico. Credenti con gli ideali cristiani e la morale marxista.
Il secondo orizzonte ci porta più puntualmente nel contesto contemporaneo del dibattito politico, inteso come un grande scenario senza più coscienza morale.
Nel libro Senza radici, Benedetto XVI scrive testualmente: «I sistemi comunisti sono naufragati per il loro fallace dogmatismo economico. Ma si trascura troppo volentieri la parte avuta dal disprezzo dei diritti umani, dalla subordinazione della morale alle esigenze del sistema e alle promesse di futuro. La più grande catastrofe che hanno incontrato non è di natura economica. Essa consiste nellinaridimento delle anime, nella distruzione della coscienza morale».
Non ci vuol molto per realizzare come il ritorno al primato della coscienza davanti alla Verità sia considerata dal Papa una sorta di priorità irrinunciabile. I grandi dibattiti su famiglia, eutanasia, testamento biologico, clonazione e fecondazione assistita non possono essere considerati un pour parler culturale. Dietro a queste tematiche cè la sfida reale al cristianesimo, non tanto come negazione del trascendente, quanto come modo di interpretare la persona e il suo valore dentro i processi della storia.
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