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Quelle famiglie omertose che torturano i loro bambini

Troppi piccoli ridotti in fin di vita da genitori malati e parenti complici. A cui manca persino il coraggio di prendersi le proprie responsabilità. Maltrattamenti così non sono mai un episodio, ma sono parte di una situazione

Quelle famiglie omertose  
che torturano i loro bambini

Un'altra piccola creatura, questa volta una bambina di dieci mesi, in coma per le botte dei grandi. Ancora una volta, non erano certo le prime ferite: il corpo era già martoriato da altre, precedenti, e altre ancora, che erano già diventate cicatrici, in quei pochi mesi di vita. Erano già state viste, quelle ferite, perfino nel giorno di Natale. Ma, ancora una volta, nessuno ammette di averla picchiata, quella bambina, e di nuovo comincia il solito, atroce e grottesco, rimpallo di accuse tra la madre, il padre, il nuovo compagno della madre. Ma perché anche qui, come per il bimbo martirizzato nel lussuoso residence di Genova, come in innumerevoli altri casi, nessuno dice: sono stato io?
Forse perché, magari, chi più chi meno, sono stati un po' tutti. Perché, se gli altri non fossero conniventi, non coprissero il colpevole, magari unendosi di soppiatto alle torture, una bambina di pochi mesi non viene ridotta così. I maltrattamenti ai bambini non sono mai un episodio: sono una storia, una situazione, un dramma che si svolge giorno dopo giorno. E come nei drammi, come in buon lavoro teatrale, non c'è mai un solo colpevole. Nel dramma si uniscono molte responsabilità: chi colpisce, chi si gira dall'altra parte; chi da manforte, e chi scende a comprare le sigarette. Tante, diverse responsabilità per non prendersi la propria: di fare di tutto perché il bambino non venga torturato. Se ci fosse qualcuno in grado di prendersela, quella responsabilità, la piccola di San Felice al Circeo avrebbe avuto solo una cicatrice: la prima. Dopo di quella, poiché in famiglia, in realtà, tutto si vede e tutto si svela, il torturatore sarebbe stato fermato.
La famiglia, però, non è solo il luogo delle torture e delle violenze: è anche il luogo degli affetti. Sono proprio gli affetti tra adulti, a fornire la materia per il terreno delle complicità: quelle che nascondono, e così facendo perpetuano, le violenze ai bambini. Era la madre che voleva proteggere le colpe del padre della bimba? O era lui che per non perderle entrambe copriva le sevizie della madre? Oppure la madre copriva un nuovo compagno crudele; o ancora era quest'ultimo a non voler vedere l'aspetto violento della compagna? Non lo sappiamo. Molto probabilmente però, anche qui tutti sapevano, e tutti hanno taciuto, per amore di qualcun altro. Ancora una volta il bimbo è il piccolo martire di questi affetti malati e omertosi, tra adulti irresponsabili.

Nel senso letterale del termine: incapaci di assumersi le proprie responsabilità.

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