«In quelle feste nulla di illecito»

nostro inviato a Bari

«Io autista di Tarantini? La definizione non è adatta a inquadrare i rapporti lavorativi tra me e Gianpaolo». Alessandro Mannarini, indagato dal pm barese Pino Scelsi per detenzione e uso di stupefacenti, è finito sui giornali come lo chauffeur dell’imprenditore barese al centro dell’affaire che mischia presunte tangenti e giri di ragazze. «E sia chiaro, con la cocaina non c’entro».
Sicuro? La Procura di Bari sembra pensarla diversamente.
«Mai fatto uso di stupefacenti, mai venduto, ceduto, portato droga da nessuna parte. E mai fermato dalla polizia con addosso niente di niente».
Eppure si ritrova indagato.
«Qualcuno avrà fatto il mio nome. Ma sono certo che non possa esistere un’intercettazione nella quale io parlo di droga, a meno che non sia qualche frase che è stata fraintesa».
Torniamo a lei e Tarantini. Se non era il suo autista, che cosa faceva per Gianpaolo?
«L’agente monomandatario. In realtà io e lui eravamo soprattutto amici. L’ho incontrato tramite sua moglie, che conosco da vent’anni. E a febbraio 2008 mi propose di lavorare per lui. Da maggio a settembre l’ho fatto: 4.000 euro al mese, più appartamento a Bari e Bmw 530».
Mica male. E il lavoro com’era?
«Gianpaolo voleva ampliare l’offerta, aveva in catalogo nuovi prodotti. Io ne sapevo poco tecnicamente, ma per quello c’erano i rappresentanti. Si trattava di intavolare e costruire relazioni con le controparti che acquistano».
Politici? Dirigenti di Asl?
«No, i politici non acquistano le forniture per gli ospedali, i direttori nemmeno, anche se Tarantini aveva di certo buoni rapporti, come ogni imprenditore. Poi che ne so: quando parlava al telefono, spesso le conversazioni le finiva uscendo dalla macchina. Comunque il lavoro non era niente di illegale: decine di visite, incontri, aperitivi, caffè, molte cene».
E feste, in Sardegna.
«Ci ho passato più di due mesi, dal 28 giugno al 6 settembre. Quattro grandi party, l’ultimo a Ferragosto con 400 persone, un viavai di amici e di nomi noti. Gianpaolo aveva affittato la villa per passarci le vacanze con la famiglia, ma ha capito che il potenziale delle pubbliche relazioni era vastissimo. Lì si sono incrinati i nostri rapporti».
Perché?
«Finita l’estate voleva che andassi a Milano ad aprire un ufficio di rappresentanza. Ma per me quello non era lavoro, e certo non volevo fare il pr. L’estate era stata divertente, ma era finita. Lui la pensava al contrario, e da quel giorno non ci siamo più parlati».
Lei è stato a Villa Certosa?
«Una volta, a cena.

Ospite perfetto, a fine serata un regalino per ognuna delle donne presenti, e certo non ho visto niente di sconveniente o di illecito, né comportamenti, né sostanze. So che Gianpaolo poi, qualche giorno dopo, è tornato a pranzo lì, assieme alla moglie. Dopo settembre, ci siamo persi di vista».

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