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Quelle mezze verità nelle due versioni dell’esponente Pd

Patricia Tagliaferri

RomaCambia versione, mischia le carte, aggiusta dettagli scomodi. Riempie il verbale di «non ricordo», anche quando risponde a domande su questioni difficili da dimenticare. L’ultima verità di Piero Marrazzo, dopo aver definito tutto una «bufala», è stata depositata ieri dalla Procura al Tribunale del Riesame che deve decidere se scarcerare i quattro carabinieri arrestati per il tentativo di ricatto. È quella raccontata ai pm lo scorso 2 novembre. Ci si aspettava fosse quella definitiva, quella che avrebbe finalmente spazzato via i molti dubbi di questa vicenda, invece non ha fatto altro che alimentare nuovi interrogativi sul perché, ora che l’ex presidente della Regione Lazio non ha più nulla da perdere, continui ad essere reticente. Forse perché sa che basta una parola di troppo per far cambiare la sua posizione processuale, trasformandolo da «vittima» a indagato, se non altro per calunnia o falsa testimonianza. Agli inquirenti, dall’altra parte, conviene che Marrazzo rimanga «persona informata sui fatti», perché in questa condizione continua ad avere l’obbligo di rispondere alle domande. Un gioco delle parti sul filo del rasoio, insomma, e sulla pelle dei carabinieri arrestati. Ma vediamo come è cambiata nel tempo la «verità» del governatore.
L’irruzione. Nel primo interrogatorio Marrazzo aveva detto che i due carabinieri avevano un «atteggiamento molto arrogante», ma non minaccioso. Lunedì, invece, racconta di essere stato trattato con «estrema durezza e con violenza», lasciando credere che i militari potessero essere armati. Di una pistola non aveva mai fatto cenno prima.
I contanti. Inizialmente dice che la somma concordata per la prestazione era di 5mila euro, 3mila lasciati sul tavolo, 2mila nel portafogli. Poi cambia idea: con sé aveva solo 3mila euro e mille erano quelli destinati a Natalie, che poggia sul tavolinetto, nel portafogli gli altri 2mila, che verranno rubati dai carabinieri.
Gli assegni/1. Nella prima versione Marrazzo, ricattato, dice d’aver staccato tre assegni: uno da 10mila e due da 5mila euro, mai incassati e mai più trovati. Nel secondo e ultimo verbale non si fa cenno agli assegni e nemmeno alla denuncia di smarrimento (di cui parliamo a fianco).
Gli assegni/2. Nel verbale del 2 novembre l’ex presidente della Regione sostiene di non ricordare di aver pagato le prestazioni di Natalie con degli assegni, «poi restituitemi in cambio di contanti». Ma Luana, un altro trans, ha raccontato che Marrazzo era solito pagare Natalie con assegni che lei faceva incassare all’amico Fabio in cambio di una commissione.
Natalie. Finora Marrazzo ha sempre detto di aver conosciuto Natalie pochi giorni prima del 3 luglio. Ora ha precisato di frequentare il trans da «qualche tempo» e di «essere stato con lei in qualche altra occasione, ma non più di due, tre volte dal gennaio di quest’anno». Natalie, invece, fa risalire la sua relazione con Marrazzo a sette anni fa e ai carabinieri del Ros dice di esserne addirittura la «fidanzata». Fabio conferma: «Tra loro una relazione che durava da due anni».
Cocaina. Prima non aveva mai ammesso di farne uso, ora sostiene che «gli è capitato sporadicamente di aver consumato cocaina» durante gli incontri con i trans. Stranamente non il 3 luglio. Ma nel secondo interrogatorio Marrazzo non «azzarda» più l’ipotesi che a mettere la droga sul tavolo dell’appartamento possano essere stati i militari. Semplicemente non ne parla.
Due viados. Per la prima volta il governatore racconta di un incontro con «Blenda» e un altro trans, di cui però «non rammenta» il nome. E sostiene di non essere a conoscenza di video o foto scattate da «Blenda» in occasione di questi incontri, sempre che i suoi ricordi non fossero alterati dalla cocaina.
Dopo il blitz.

Il governatore non rammenta neppure se il 3 luglio, una volta uscito dall’appartamento di via Gradoli, telefonò a Natalie per chiederle di raggiungerlo a casa sua. Il trans sul punto ha più memoria: al Ros ha riferito di essere stata convocata a casa da un Marrazzo sconvolto.

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