Roma - Sono le stesse che aspettano a battezzare i figli perché «quando saranno grandi, avranno loro il diritto di scegliersi la propria religione». Però poi, gli stessi figli, se li portano in piazza. Come dire: Cristo non glielo impongo, ma «l’anticristo» glielo indico. Erano tutti stupiti dal numero di uomini presenti alla manifestazione per la dignità della donna ieri, in piazza del Popolo. A noi degli uomini che sodalizzavano con le femmine, del «femministo » insidioso declinato in mille modi, ha stupito solo la cafonaggine: ma come? Vieni a sostenere la mia causa e mi pianti il gomito nella schiena per passare, mi passeggi sulle scarpe, mi scansi di peso e manco chiedi scusa? Ma si vedeva che erano di cattivo umore ieri i compagni delle compagne: rivolti al palco avevano un po’ lo sguardo che hanno le mucche quando fissano un treno, con la domenica sotto ostaggio del dovere, il palloncino dell’ Unità in una mano, la creatura «ammollata» dalla mamma emancipata nell’altra, gli slogan urlati nelle orecchie che li ricatupultava indietro di almeno quarant’anni con quella storia dell’utero «che però, intanto, era talmente suo che adesso il bambino ce l’ho in braccio io». E c’era chi, per fare il partecipe, si era perfino tirato dietro la vecchia bandiera della pace. Che ieri, però, poteva solo far venire in mente la pace dei sensi.
Ma comunque, appunto: i bambini. A noi hanno stupito di più quelli. C’erano tanti di quegli «innocenti» in quella piazza, che in barba allo spirito della giornata, a un certo punto ci siamo scoperte a pensare: ma perché Adamo non è morto con tutte le sue costole in corpo? Passeggini rosa tappezzati di cartelli «Io (la mamma, ndr ) e Sofia (la bimba) non siamo in vendita », adesivi e spillette affrancati ai marsupi, palloncini «griffati sinistra» legati alle culle e dentro minuscoli ignari frastornati dalla folla, corredati, in qualche caso, da cani altrettanto ignari e altrettanto tappezzati di gadget. E le mamme lì. Distratte ma fondamentali, invasate ma soddisfatte per l’Italia che stavano ridisegnando per le proprie bambine, che non cresceranno certo come quelle signorine ingorde che vogliono «e la borsa e la vita», che saranno un giorno donne in verticale, che saranno solo le nipoti del loro zio legittimo. Ieri l’hanno fatto capire subito alle lorofigliolette come va il mondo, per niente solleticate dal sospetto che forse, con un nulla di fatto, avrebbero fatto la cosa migliore. Perché certe cose, soprattutto ai figli, si trasmettono meglio col silenzio.
E invece no. Meglio prendere di mira il cattivo esempio, meglio prendere in affittole cause per farsi intendere dalle generazioni che verranno. Come quella mamma che si trascinava dietro la bimbetta spiegandole paziente ma ferma: «Perché quando uno sbaglia, se ne deve andare»; «deve andare dove mamma?»... E meno male che la risposta se l’è inghiottita la folla... E poi via, al banchetto allestito dall’ Unità che alla dignità femminile ha dato anche un peso, o meglio un prezzo: 5 euro per la borsetta di tessuto ecologico con dentro una copia del quotidiano diretto da Concita e gli adesivi con i motti rosa.
La medicina degli slogan, la vertigine del vuoto sotto le parole. Però i palloncini l’ Unità li distribuiva gratis, e c’era un papà che era tutto contento e l’ha chiesto viola per la sua bambina «perché viola, di questi tempi,va bene»e«dì grazie al signore... » e poi di corsa dietro al gazebo dove c’era un posto pensato apposta per i più piccini. Un posto di quelli che non possono mancare quando si fa festa. Un posto con grandi cartoncini bianchi sistemati per terra e barattoli di colori con i quali disegnare, tutti intorno. E cosa avevano voglia di disegnare quelle creature di quattro, cinque,sette,dieci anni,in un’assolata domenica di febbraio in un giorno di pacchia con le loro mamme e i loro papà se non la faccia del premier dietro le sbarre? Intanto le sorelle adolescenti giravano tra la folla, deliziosamente acerbe nelle loro minigonne, terribilmente consapevoli nelle loro t-shirt: «Non puttanate, non più madonne, semplicemente donne», «Nonno sporcaccione»,«Berlusca,Mubarak ti aspetta a Sharm-El-Sheik», «Berlusconi di-Minetti-ti»... E insomma erano già talmente puntute da non far certo venire in mente le giovani che si buttano via, semmai le giovani che ti buttano via. E c’erano le mamme delle adolescentipiene di orgoglio e c’erano le nonne delle adolescenti piene di orgoglio. Tre generazioni in piazza a bloccare l’emorragia del proprio io. Perché quella di ieri era «una grande giornata»ma,per carità,«non una giornata politica».
No macché, infatti, era solo la catapulta della loro collera. Una giornata di rabbia rassodata. Dopo il Viagra del «Se non ora, quando?», verso la fine c’è stato il liberatorio «Meglio tardi che mai». Ecco, e invece no. Date retta: meglio mai che tardi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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