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Quelle «ragazzate» che possono costare un posto di lavoro

Dive hard per un giorno, in rete per tutta la vita. Bastano un telefonino e una connessione a internet e il gioco è fatto. È la moda del momento tra i teenager: filmarsi seminudi e diffondere il materiale. Negli Stati Uniti gli hanno già affibbiato un nome: sexting. Il «gioco» è semplicissimo: le ragazze si spogliano come in uno show a luci rosse, ballano, ancheggiano, mimano amplessi e spediscono tutto ad amici e compagni di classe. In cambio ricevono altre foto e video simili. Prima sotto i banchi ci si scambiavano le figurine dei calciatori e ora le istantanee di nudi poco artistici e molto amatoriali. Io ti do un topless e tu mi dai un lato b. Come ha denunciato ieri il sito internet del Corriere della Sera spesso le foto vengono vendute in cambio di ricariche del telefono e soldi. Un vero e proprio commercio che gioca sull’orlo del precipizio dell’illegalità. Basta fare un giro in rete per rendersi conto dell’entità del fenomeno: pantaloni che scendono tra i banchi di scuola per mostrare perizomi invisibili, seni che fanno capolino mentre un prof spiega trigonometria, balletti da night club improvvisati negli spogliatoi della palestra. La scuola è uno dei set fotografici preferiti, seguito immediatamente dalla propria cameretta. Davanti alla webcam del computer vanno in scena siparietti a metà strada tra il comico e il drammatico. Uno dei più celebri immortala una maldestra ragazzina che, seminuda, volteggia e si attacca a un’anta dell’armadio come se fosse un palo da lap dance. Armadio che le frana rovinosamente addosso. Internet ha sempre fatto da propellente all’esibizionismo, anche prima che i giornali scoprissero il sexting: rapporti sessuali filmati, più o meno consapevolmente, e poi messi in rete sono diventati kolossal con milioni di cliccate in tutto il mondo. Storie di esibizionismo e di vite rovinate.
Come ha ricordato il garante per la Privacy Francesco Pizzetti i filmati continueranno a circolare per anni, anche quando i ragazzi saranno diventati adulti e poi vecchi. Quello che diverte oggi imbarazza domani. Nel mare della rete difficilmente le immagini trovano l'oblio della memoria. Per cancellare un video spesso è necessario ricorrere a un avvocato, contattare siti che hanno server sparsi in chissà quale angolo del pianeta e inoltrare lunghe pratiche con la polizia Postale. E poi magari qualcuno lo ha già clonato e lo ha buttato di nuovo in pasto al popolo di internet, provocando un effetto domino senza fine. Un gioco eccitante che può trasformarsi in un marchio indelebile. Sempre più spesso le aziende consultano Facebook e i social network prima di assumere: provate a immaginare se cercando su Google venisse fuori uno strip tease registrato dieci anni prima tra i banchi di scuola... Non è esattamente un curriculum esemplare. Sono «ragazzate» che finiscono per rovinare carriere. Come è accaduto poche settimane fa al deputato statunitense Anthony Weiner, che è stato costretto a dimettersi dalla Camera per aver postato su Twitter foto in cui si era autoritratto in tenuta adamitica. La nuova legge della rete è molto semplice: tutti hanno diritto a 15 minuti di nudità.

Un quarto d’ora vissuto come l’ultima diva dei rotocalchi che può bollare per una vita intera.

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