Quelle ricchezze sospette che sanno di tangenti

Milano Un piccolo assessore di un piccolo comune con un piccolo assegno mensile. Eppure, munifico. I conti in tasca a Pasqualino Di Leva, titolare all’Urbanistica di Sesto San Giovanni, li hanno fatti i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Milano. Reddito annuo, 26mila e 721 euro. Eppure, solo nell’ottobre del 2008, il politico spende 320mila euro: 70mila per l’acquisto di un appartamento, e 250mila bonificati al genero. Il suo conto corrente, poi, si gonfia settimana dopo settimana. Da marzo a dicembre dello stesso anno, infatti, gli vengono versati 450mila euro che - scrivono gli investigatori - «non trovano riscontro in altri negozi giuridici in grado di giustificare la provenienza di tale denaro, né in trasferimenti intergenerazionali di ricchezza». Insomma, non è lo zio d’America a fare ricco Di Leva. Chi, allora, gli riempie il portafogli? Secondo la Procura di Monza, sono gli imprenditori a cui avrebbe chiesto tangenti. E Di Leva, in carcere da giovedì scorso, dovrà ora spiegarlo al gip Anna Magelli.
Iniziano oggi, infatti, gli interrogatori di garanzia. Di Leva - e con lui l’architetto Marco Magni - verranno sentiti dal giudice nel carcere di Monza. Sono gli unici due a essere stati arrestati dopo la richiesta dei pm Walter Mapelli e Franca Macchia. Per Filippo Penati e il suo ex braccio destro Giordano Vimercati, invece, Magelli ha usato la mano morbida, riformulando il reato di concussione in corruzione, e garantendo a entrambi la prescrizione dei reati. Per Penati e Vimercati, su cui comunque pende un ricorso della Procura al Riesame, niente detenzione né interrogatori, anche se l’ex sindaco di Sesto e braccio destro di Bersani - nelle scorse settimane - aveva provato a farsi sentire dai pubblici ministeri. Trovando però porte chiuse. I pm, infatti, hanno scelto di aspettare, prima del faccia a faccia più importante. Prova, questa, che si stiano cercando nuovi elementi per cementare l’accusa nei confronti del politico Pd.
Oggi, quindi, Di Leva dovrà spiegare la natura - e la destinazione finale - di quel milione e mezzo di euro versato dall’Immobiliare Cascina Rubina (facente capo all’immobiliarista Luigi Zunino, che presto sarà sentito dai pm) per l’aumento delle volumetrie edificabili dell’ex Falck (acquisita dal gruppo Risanamento nel 2005) e arrivato nelle tasche dell’assessore dopo una serie di operazioni fittizie realizzate fra il 2006 e il 2007 tra società di Zunino, Di Caterina e lo stesso Di Leva. Ancora, all’ex assessore e a Magni verrà chiesto di dare conto del denaro proveniente dalle società del costruttore Giuseppe Pasini, e che sarebbe stato corrisposto in cambio di concessioni edilizie sui terreni dell’ex Ercole Marelli. Tangenti, secondo l’accusa.

Perché, come spiega Di Caterina nell’interrogatorio del giugno 2010, «dopo che Penati finì il mandato di sindaco a Sesto (...) cercai di aprire un colloquio con il neo assessore Di Leva. Di Leva mi disse apertamente che avremmo fatto insieme dei buoni affari, e di sostituire i miei architetti con Magni».

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