Quelle scuse che Genova non è riuscita a porgere

Quelle scuse che Genova non è riuscita a porgere

(...) di difendere le loro idee, ma hanno cercato di offendere quelle degli altri. Certo, magari sbagliamo noi, visto che di certe manifestazioni è stata esaltata «la compostezza, persino eccessiva». E noi abbiamo visto bandierine del Pd usate per urlare, con le iniziali P e D maiuscole, la più scontata delle bestemmie. Abbiamo scoperto che la manifestazione del Pride laico di sabato «non era contro gli dei». E noi abbiamo ritenuto che fosse più che sufficiente (e persino più grave) che gli insulti fossero al singolare, contro uno solo su magliette e volantini. Sempre il giornale che ha omaggiato la città di bandierine bianche e gialle per la visita pastorale ci dice che in corteo c’era «rispetto, nessun insulto né a Ratzinger, né a Bagnasco». Eppure ci ostiniamo a ritenere che un Papa che sui volantini viene ritratto a cavallo di una bomba o paragonato a Josef Fritzl, il mostro che ha tenuto segregata la figlia per 25 anni stuprandola e facendole partorire sette figli, non abbia solo ricevuto «una protesta organizzata e condotta all’insegna della civiltà». È invece vero che dal corteo «non si levava una sola bestemmia». Non una sola, infatti.
E allora ci scusi Santità, per aver accolto con i mugugni per il troppo traffico chi ha voluto fare in Liguria una delle sue primissime visite pastorali nelle diocesi italiane. E ci scusi se nessuno ha condannato quello che se fosse stato fatto nei confronti di qualsiasi altro Capo di Stato - perché laicamente parlando, un Papa è pur sempre un Capo di Stato - sarebbe stato perseguito come vilipendio o sommerso dalle critiche di ogni tribuna. E ci scusi se chi esalta i nostri sacerdoti e il nostro clero scegliendo tra loro i suoi più stretti e fidati collaboratori, viene atteso anche da qualche suo sacerdote come un rompiscatole che rischia di far saltare un concerto organizzato in parrocchia o comunque qualcuno per cui non valga la pena perdere qualche ora e la vita di tutti i giorni.

Ci scusi ancora se anziché essere grati al Papa di aver voluto il cardinale di Genova alla presidenza della Cei, cerchiamo ogni occasione per fischiarlo, interpretare le sue parole per scatenargli contro ogni accusa, minacciarlo, farlo girare con la scorta sull’altare. E se lui porge l’altra guancia, non riusciamo neppure a chiedergli scusa.

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