da Milano
Quando Walter Veltroni diceva: «Noi siamo come la Nazionale del 1982: nessuno pensava che ce la potessimo fare, poi abbiamo vinto il Mondiale». E quando Fabio Mussi avvertiva: «La Sinistra rinnovata sono sicuro che avrà peso nel futuro del Paese». Era l8 aprile, maledetti sondaggisti. Poi il Pd ha perso la partita e la Sinistra pesa un futuro fuori dal Parlamento.
Non se lo aspettavano, ecco. Anche il giorno del voto, a urne appena chiuse, tutta colpa degli exit poll. Al loft del Pd cera Ermete Realacci che ne infilava una dietro laltra allurlo di: «La rimonta è evidente, chi parlava di distacco di 8-10 punti aveva la lingua biforcuta». Gli dava corda Giuseppe Fioroni: «Se cè una cosa chiara è che i dieci punti di distacco non ci sono». Vero, sono nove. Sulle prime previsioni dei risultati li hanno dovuti portare via per evitargli il pubblico ludibrio. Rilette oggi, le «ultime parole famose» suonano impietose. Gli sms di Pier Ferdinando Casini ai suoi, per dire. «Cari amici, le cose non vanno bene, ma benissimo!!» esultava il leader dellUdc il 30 marzo scorso. Quindi: «Non rispondete alle provocazioni di Berlusconi sul voto disgiunto o su quello utile», anzi, «rispondete ironizzando e con serenità», perché «è solo il segno della loro debolezza». Se mai, diceva qualche giorno dopo a Porta a Porta: «Io punto a essere determinante nella prossima legislatura», di più: «Io corro per governare» e «al Senato saremo indispensabili». E invece tre senatori sui 167 del centrodestra e i 137 del centrosinistra, ha conquistato. Ora, è vero. In campagna elettorale lopinione pubblica va galvanizzata, non smontata, e allora troppo realismo è insano. Solo che il confine con la spocchia è labile.
Così, per un Massimo DAlema che a cinque giorni dal voto nel tentativo di aggrapparsi a un Sud demotivato faceva scorrere le unghie sul vetro: i voti si stanno «spostando e il movimento è tutto in favore nostro», un mesetto prima cera un Matteo Colaninno che a Milano la metteva giù con una certa spavalderia: «Saremo noi a vincere le elezioni e a guidare il Paese, non ho dubbi». Baldanzoso Giuliano Ferrara: «Porterò alla Camera almeno 20-25 deputati per un piano alla vita», poi ha dovuto ammettere la «catastrofe» dello zerovirgola. Impavido Fausto Bertinotti, che preconizzava «una Sinistra influente e non una minoranza riottosa, chiusa in un enclave». Già. Insolente Francesco Storace: «La verità è che il Pdl ha il terrore delle nostre candidature». Mah.
E via tutti quanti a dire che tanto al Senato sarà pareggio, figurarsi, e allora «mi candido a guidare il Paese» si offriva Casini, «Pd e Pdl dovranno fare un passo indietro» per un governo guidato da un soggetto terzo enunciava Mussi.
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