Napolitano fischiato dai terremotati dell’Emilia, Monti dagli industriali e dalla finanza internazionale. La sobria macchina da guerra messa in campo dal Quirinale per liberarsi del berlusconismo senza passare dalle urne si infrange sulla realtà. Un conto sono i salotti, i convegni e i consigli di amministrazione, altro è il Paese. E il Paese non ne può più. Ieri la goccia che rischia di fare traboccare il vaso: il Consiglio dei ministri ha rinviato per l’ennesima volta il decreto sviluppo, attesa boccata d’ossigeno per aziende e persone. Monti e Passera sono nel pallone, lamentano di aver perso l’appoggio dei poteri forti di cui fino a ieri negavano l’esistenza. Se la prendono con i quotidiani Corriere della Sera , Sole 24Ore e Financial Times , gli stessi che li avevano portati in carrozza alle ambite poltrone. Come se i problemi fossero le opinioni e non i fatti. In questo i due la pensano come il presidente del Senato Schifani, che imputa a noi le difficoltà del Pdl. Vorrebbe leggere articoli più comprensivi nei confronti del governo e della politica, evitare di dare voce a mugugni e posizioni non gradite ai notabili, comprese le «pazze idee» del presidente Berlusconi.
Ci spiace, non possiamo assecondarlo. Il Pdl è sempre stata una grande, variegata e, appunto, un po’ pazza famiglia nella quale tutti hanno avuto diritto di parola, a partire da Schifani. Chiederci poi di ridimensionare quella di Berlusconi mi pare eccessivo. Non tocca a noi decidere quale dovrà essere il futuro assetto del Pdl, le sue alleanze. Segnaliamo soltanto, interpretando il sentire di centinaia di migliaia di lettori, che così non va, che sostenere all’infinito Monti non paga e lede gli interessi dei cittadini che si dice di rappresentare. Lo scriviamo dal primo giorno e da un paio non siamo più i soli. Mi fa piacere che Corriere e Sole (borghesia e imprenditori) si siano accorti dell’inganno. Se voi volete lasciare ad altri i voti, liberi di farlo, io tento di non lasciare le copie. E se proprio dobbiamo esprimere un parere, pensiamo che il partito sia in crisi non per un eccesso di Berlusconi ma per l’inverso.
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