Quello strano silenzio sulla «penosa» figura dell’assessore Pavarotti

Caro Direttore,
la ringrazio, a nome di molti bolognesi, per l’articolo apparso domenica sul suo quotidiano. Finalmente qualcuno si occupa pubblicamente del degrado di Bologna: a questo punto, direi degrado in tutti i sensi... Si immagini che solamente sul suo Giornale si è parlato dell’«Oscar» ricevuto dal nuovo assessore alla cultura... E ricevuto con piacere direi... Mi creda, forse sarà lo stesso in altre città italiane, ma è molto triste vedere una ex bella città ridotta in tal mal stato. La ringrazio a nome dei bolognesi impotenti, che per quanto facciano, non riescono a sbloccare questo inciucio di potere che rende sempre più invivibile questa ex bella città!

Cara signora, riassumo brevemente a beneficio di quei lettori che non abbiano visto l’articolo di domenica. Dunque i fatti sono questi. La scorsa settimana il nuovo assessore alla cultura Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti, ha fatto il suo esordio ufficiale. E come lo ha fatto? Intervenendo a una manifestazione culturale che avesse a che fare, in qualche modo, con quel che Bologna ha saputo esprimere, con la sua storia, la sua tradizione, la sua - appunto - cultura? No: la signora Mantovani vedova Pavarotti è andata al Cassero, storica sede della comunità omosessuale della città, per presenziare alla sfilata prima e alla premiazione poi delle nuove «miss gay». In passerella travestiti, transessuali, seni al silicone e parrucche, insomma uno spettacolo non diverso da tante pacchianate stile Gay Pride. La Mantovani si è molto divertita, accettando pure di sfilare accanto ai reginetti. Al termine della serata, con la nuova «Miss Alternativa al Cassero» è stata premiata anche lei, l’assessora. E con che cosa? Con un enorme fallo in metallo che ha mostrato orgogliosa e radiosa ai fotografi.
Un bell’esordio, non c’è che dire. A noi è sembrato normale darne notizia, e con il dovuto rilievo. Anzi è parso doveroso pure pubblicare in prima pagina la fotografia del nuovo membro della giunta mentre stringe fra le mani un altro membro. Mi perdoni la volgarità, signora: ma volgare è stato lo spettacolo offerto, e ogni tanto la cronaca deve essere esplicita e spietata. Eppure, come lei dice, siamo stati praticamente i soli a dare pubblicità all’episodio. Di foto con simil «trofeo» in mano all’assessore non ne abbiamo viste da nessuna parte. Anche la stampa locale, mi dicono da Bologna, ha steso un pietoso ma a mio parere incomprensibile velo. Come mai? Forse hanno capito tutti che quella dell’assessore Mantovani è stata, in tutti i sensi, una figura penosa. E allora hanno pensato bene che sulle figure penose è meglio far calare il silenzio. Sempre che, beninteso, a far figuracce siano gli intoccabili del mondo progressista e perbene.

Avesse ricevuto un oggetto fallico in premio un assessore di centrodestra a qualche manifestazione di eterosessuali, magari in una discoteca, chissà quante paginate si sarebbero sprecate. Non c’entra nulla il rispetto della «diversità», sempre invocato in questi casi. C’entra, come abbiamo scritto, il nulla, il vuoto di idee mascherato con queste pagliacciate. Bologna merita molto, molto di più.

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