Politica

La Quercia si abbatte su Padoa-Schioppa

Il ministro dell’Economia nel mirino dei Ds per lo «sconto» da 5 miliardi nella manovra 2006: «Potevamo finanziare gli ammortizzatori sociali»

da Roma

Il ds Enrico Morando critica in pubblico - come ha già fatto Romano Prodi, in privato - la decisione di Padoa-Schioppa di ridurre l’entità della manovra da 35 a 30 miliardi. Il taglio dell’ammontare della Finanziaria - sostiene il presidente della Commissione bilancio del Senato - «andava gestito meglio».
Si tratta di una scelta - aggiunge - che andava fatta dopo «un serio dibattito politico. In modo da rendere chiaro che quei 5 miliardi in meno sono il frutto di una nostra decisione politica, non scontata e non imposta dall’estero». Insomma, il merito di quella riduzione - fa capire il senatore diessino - doveva andare all’intera maggioranza; e non soltanto a Padoa-Schioppa. Critiche non troppo diverse da quelle che il presidente del Consiglio ha rivolto al titolare dell’Economia; non foss’altro, perché tenuto all’oscuro dell’annuncio di Padoa-Schioppa a Telese.
Anche perché - sottolinea Morando - quei cinque miliardi potevano essere usati per finanziare la riforma degli ammortizzatori sociali. Insomma, dovevano essere usati in altro modo, come Padoa-Schioppa si è sentito riprendere da Prodi. Con un pizzico di malizia, il presidente della Commissione bilancio del Senato invita il ministro dell’Economia a fornire al più presto la Nota di aggiornamento del Dpef. Così da scoprire il livello raggiunto dalla pressione fiscale. Un modo indiretto per dire al ministro - così come ha fatto la Commissione europea - di far emergere per intero le entrate del 2006 e calcolarle nel deficit.
Il problema, per il ministro dell’Economia, è che se oggi fatica ad individuare 30 miliardi di manovra, 35 era un’operazione assai più complicata; soprattutto, alla luce dell’input ricevuto da Palazzo Chigi di non far emergere sui conti di quest’anno l’intero ammontare delle maggiori entrate, ma di diluirli nel 2007, così da «arrotondare» gli effetti e le coperture delle misure che verranno prese.
Una conferma delle difficoltà di reperire (e dare reale copertura finanziaria ai provvedimenti) viene indirettamente confermata da Alfiero Grandi, sottosegretario all’Economia. Grandi corregge, infatti, Mario Lettieri, anche lui sottosegretario all’Economia. La settimana scorsa, Lettieri aveva detto che la manovra da 30 miliardi sarà composta da 22 miliardi di tagli alla spesa e da 8 miliardi di nuove e maggiori entrate. Grandi porta l’equilibrio fra le due voci a 20 miliardi di tagli e 10 di maggiori entrate. Il motivo di come le cifre siano ancora «ballerine» viene dalla circostanza che, al momento, al ministero dell’Economia avrebbero individuato tagli reali (cioè, realmente «coperti» da un punto di vista finanziario) per poco più di 8 miliardi dei venti attesi.
Anche le entrate ballano. L’unificazione al 20% della prima aliquota sui redditi, sulle rendite e sugli affitti rischia di saltare. Abbattere al 20% l’aliquota Irpef costa intorno agli 8 miliardi di minor gettito; portare al 20% l’imposta sugli affitti potrebbe costare 3-5 miliardi; alzare al 20% l’aliquota sulle rendite finanziarie potrebbe garantire fra 2 miliardi e mezzo e 4,5 miliardi. Dipende da come si costruisce: se i Bot sono dentro o no e se viene introdotta l’esenzione per i piccoli capitali a 25mila euro (come chiesto dai consumatori).

In qualunque caso non coprirebbe le altre due misure.

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