Nella «città di M.» forse è difficile farsi ascoltare, ma quando si ha una buona storia da raccontare e la si racconta bene, allora può capitare che in un piccolo teatro della grande metropoli ci si lanci in una standing ovation e la commozione, sincera, vibri in platea. È successo al Teatro Verdi e il merito va a una straordinaria attrice, Arianna Scommegna, alla penna di un abile autore noir come Piero Colaprico, e alla capacità di questi, insieme alla regista Serena Sinigaglia, di plasmare per il palcoscenico un racconto intrecciato di amarezze, ironie, colpi di scena.
Qui città di M. è la storia di un duplice omicidio, di un'esplosione improvvisa, di un segreto indicibile nascosto tra le mura famigliari. E, al contempo, è la storia di una città che è come «una mamma dura e amata, che solo qualche volta ti sorride e, quando lo fa, tu dici: però, mia mamma, quant'è bella. Ma poi si gira, ha come un oscuro pensiero, e torna cupa e fredda». È Arianna Scomegna a vestire - in un sorprendente monologo trasformista nei gesti, nelle inflessioni dialettali, nei drammi personali - i vari personaggi coinvolti durante l'indagine sulla scena di un delitto, in un cantiere deserto alla periferia di Milano. Un uomo, crivellato di colpi di pistola e una donna decapitata. Attorno a loro, due detective - il commissario Bagni, protagonista della Trilogia della città di M. di Colaprico - e una collega di origine pugliese, oltre ai classici personaggi di complemento (l'analista della scientifica, la giornalista assetata di scoop, l'addetto all'obitorio).
Con questa coppia di detective per gli assassini Milano è tabù
Applausi per «Qui città di M.» tratto dal noir di Piero Colaprico
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