Era riuscito nel miracolo di radiografare a metà degli anni ’80 il mondo degli «yuppies» rampanti, dell’economia più senza regole che libera, di una certa America e, soprattutto, di dare un volto a un vizio che non sfigurerebbe tra quelli capitali, l’avidità. Che da lì in poi è stato tutt’uno con le fattezze di Michael Douglas e il suo personaggio di Gordon Gekko, uno squalo dell’alta finanza per cui l’avidità è praticamente una virtù: «Cosa c’è di male,dopotutto è solo una questione dei soldi ». Correva l’anno 1987 e Oliver Stone con il suo Wall Street era riuscito anche a far vincere l’Oscar come migliore attore a Douglas, recentemente al centro della cronaca dopo aver rivelato di avere un tumore alla gola. Ora 24 anni dopo, ma solo 21 rispetto ai fatti raccontati nel primo film, Stone è tornato sul luogo del delitto (come forse non si dovrebbe fare dopo tanto tempo) e ha cercato di riconsegnare alla storia il suo personaggio che dopo 8 anni di carcere e 5 di processo per aggiotaggio sembra fresco come una rosa. Ma se nel capostipite incarnava il male assoluto ora in Wall Street. Il denaro non dorme mai , in arrivo nelle nostre sale il 22 ottobre, viene dipinto come uno che un cuore ce l’ha e anche grande. Perché se da un lato è il grande cinico di sempre, dall’altro sembra superato da una progenie di supersquali. Ma solo apparentemente, perché certo, anche qui, vale sempre il detto che ride bene chi ride ultimo… Ma non preoccupatevi, non stiamo svelando chissà quali colpi di scena, perché il film, nonostante i virtuosismi estetici di Stone (a volte anche un po’ ingenui: le bolle di sapone dei bimbi uguali alle bolle speculative…), pecca proprio nella sceneggiatura, un po’ mielosa, costruita tutta solo sul melodramma familiare. Infatti, anche stavolta, a fare da contraltare all’avido Gekko c’è un personaggio giovane, nel primo era Buddy (interpretato da Martin Sheen che qui fa un cameo), ora tocca a Jake ( Shia LaBeouf) che, guarda caso, è un abile intermediario finanziario idealista, fidanzato, sempre casualmente, con la figlia di Gekko. Naturalmente i tre entreranno in rotta di collisione: la figlia non parla col padre che però parla con il futuro cognato che però non lo dice alla fidanzata... Wall Street certo non dormirà e forse neanche gli spettatori ma di sicuro si rimane un po’ delusi dal fatto che, in più di due ore di film, e con la crisi in atto, Oliver Stone non sia riuscito a dare una vera e propria graffiata al sistema che vorrebbe denunciare. Sembrerebbe insomma che di fronte a una realtà incandescente, il regista, che sarà a Roma lunedì per presentare il film, risponda con un’opera poco coraggiosa.Saranno i tempi cambiati, sarà che non se ne può più di sentire parlare di economia, fatto sta che l’uscita del film negli Stati Uniti, con un’accoglienza altalenante della critica, non ha ottenuto gli incassi sperati. Primo in classifica nell’ultimo fine settimana di settembre con 10 milioni di dollari in quello scorso è già passato in terza posizione, più che doppiato (come risultati nel primo week-end di uscita) da The Social Network di David Fincher. Perché il rischio per questo tipo di film è il passaparola negativo. Tanto che la versione in uscita ora nelle sale è già stata scorciata di qualche minuto, soprattutto nel finale (ma il solito pesante predicozzo alla Stone si è salvato), rispetto all’anteprima di maggio scorso al festival di Cannes. Un film di difficile presa anche per le dinamiche drammatiche troppo spezzettate, e complicato dai tanti personaggi familiari (c’è anche quello della mamma di Jake interpretato da Susan Sarandon) accanto ai quali spuntano nuovi squali dell’alta finanza molto lontani dal carisma del grande Gekko, come Bretton James (Josh Brolin) o il vecchio banchiere interpretato dall’immenso Eli Wallach costretto, chissà perché, alla macchietta ( emette strani sibili e gesticola vistosamente). E, a proposito di finanza, molto ruota intorno alla questione dell’investimento nelle energie rinnovabili in cui il giovane Jake, a dispetto di tutti, crede ciecamente. Con argomenti che non sembrano proprio così convincenti.
Paradossalmente nel momento in cui il dramma della crisi dell’economia è così palese, pubblico, alla portata di tutti, Oliver Stone per raccontarlo si rifugia nel privato, in una sorta di deja-vu familiare. E in questo il regista arriva buon ultimo, come quando indugia sul cratere delle Due Torri. Ancora?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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