Le famiglie dimmigrati possono esplodere. E il rischio di conflitti è doppio: ragazze contro genitori, ma anche giovani afro-italiani, o arabo-italiani, «figli» anche della nostra società, che si ribellano ai modelli culturali imposti dai genitori. Lo sa bene Barbara Ghiringhelli, sociologa dello Iulm, che da 10 anni coordina il Consultorio per famiglie interetniche del Centro ambrosiano di documentazione delle religioni: «Sì, quelle famiglie Rischiano di diventare delle polveriere».
Professoressa, che sta succedendo in queste case?
«Casi del genere sono in aumento perché i ragazzi di seconda generazione, nati in Italia da famiglie di immigrati, cominciano ad avere unetà critica, in cui compiono scelte affettive e amicali decisive, e si separano da modelli molto radicati presso i genitori».
Sono figlie della nostra società oltre che dei loro genitori?
«Proprio così. La distanza fra prima e seconda generazione è chiara. I genitori hanno una loro unidea dintegrazione che si limita ai documenti in regola, allo stipendio, alla condizione professionale. I figli parlano italiano e fanno scuole italiane. Cambia tutto. Significa aderire a stili di vita e regole del tutto diverse».
La scelta di legarsi a ragazzi italiani risulta insopportabile per i genitori?
«Stiamo parlando di comunità che provengono da paesi in cui i modelli che regolano la vita familiare sono molto netti, molto precisi - se vogliamo rigidi - e improntati più allobbedienza che alla responsabilità».
Che ruolo ha la religione islamica in queste dinamiche?
«È difficile trarre regole generali. Ci sono infinite sfumature nelle storie delle famiglie. Certo che se parliamo di quelle provenienti da Paesi arabo-islamici cè indubbiamente una regola religiosa che vieta alle donne di unirsi a uomini non musulmani. E in molti Paesi questa regola religiosa diventa anche legge civile».
Una regola che peraltro è a senso unico: non vale per gli uomini...
«In effetti risulta che, nei matrimoni misti, per gli uomini tunisini o marocchini la donna italiana è largamente la prima scelta. E questo fenomeno non determina dei problemi interni. La proibizione vale solo per le donne».
Molte ragazze obiettano che una famiglia italiana reagirebbe allo stesso modo allunione della figlia con un musulmano...
«Non è così. Certo, si sono dei problemi di gradimento, ma non si arriva mai a divieti e a traumi come quelli che abbiamo visto per Hina e per Sanaa».
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