Cultura e Spettacoli

In quest'epoca c'è già troppa (auto)indulgenza

L'Anno Santo sembra assecondare la nostra crisi morale

In quest'epoca c'è già troppa (auto)indulgenza

C' era bisogno di questo Giubileo? No, non sono uno di quei romani scettici che temono (con qualche ragione) traffico e attentati, sono un provinciale cattolico a cui il maxi evento religioso non dovrebbe causare particolari problemi, eppure non riesco a convincermi della sua necessità. La domenica in chiesa vedo moltissime persone in fila per la comunione, pochissime avvicinarsi al confessionale: qualcosa non torna. Visto che nei giorni feriali trovare un confessionale presidiato è un'impresa difficile quasi quanto trovare un vescovo disponibile a dire in pubblico ciò che dice in privato di Papa Francesco, ne deduco che a confessare abitualmente i propri peccati sia una sparuta minoranza. Viviamo nell'epoca dell'autoindulgenza: i cattolici italiani sono in stragrande maggioranza convinti di non peccare e quindi non hanno alcun bisogno di un Giubileo dedicato alla misericordia di Dio. Hanno preso molto alla lettera la scritta scolpita nel travertino del Colosseo quadrato: «Un popolo di artisti di eroi / di santi...». Pio XII già lo sapeva nel 1946, quando l'Italia era all'apparenza ancora molto cattolica: «Il peccato del secolo è la perdita del peccato». Cosa direbbe oggi che il cattolico medio fa tranquillamente la spesa la domenica e vede del buono nelle unioni omosessuali, conformandosi in questo al sentire generale e al sentire dei cardinali Kasper e Schönborn in particolare? Gli verrebbe un coccolone, al povero Papa Pacelli, se vedesse a quale punto è ridotta la cristianità.

Nel presente clima di autoassoluzione e lassismo il Giubileo della misericordia è pioggia sul bagnato. A dispetto anche del Santo Padre che nella bolla di indizione, la Misericordiae Vultus, invita a riscoprire le opere di misericordia spirituali fra cui spiccano l'insegnare agli ignoranti e l'ammonire i peccatori. Il messaggio che passerà, che sta passando, è di segno opposto. Provi oggi un prete ad ammonire dal pulpito sodomiti e adulteri: prima del linciaggio mediatico rischierà quello curiale e parrocchiale. Provi oggi un credente a spiegare a chi convive che dovrebbe sposarsi, a chi si sta separando che dovrebbe tornare sui suoi passi, a chi usa anticoncezionali che dovrebbe aprirsi alla vita: gli andrà bene se si limiteranno a dirgli di farsi i casi suoi. Sentivo piuttosto il bisogno di un Giubileo del Timor di Dio, perché il settimo dono dello Spirito Santo (così viene definito nel catechismo) è alquanto in ribasso, è un regalo che nessuno vuole più ricevere. Mentre è facile ricordare, perché fa comodo, la bontà divina, c'è una crescente difficoltà a credere nella già proverbiale ira di Dio, che è un sentimento del Padre e pure del Figlio: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno» tuona Gesù nel Vangelo di Matteo rivolgendosi a peccatori anche blandi, colpevoli di semplici e comunissime omissioni. Altro che misericordia, «Dio vuol che 'l debito si paghi», ribadisce Dante nel Purgatorio. Avrei voluto un Giubileo che sbugiardasse il cattolicesimo sincretista e sentimentale, mondano e inutile di chi pensa sia lecito servire al contempo Dio e Mammona, Cristo e Maometto, la Madonnina e i grattacieli, i santi e Halloween, il presepe e l'albero di Natale, la sapienza e la scienza, i bambini ed Elton John... Mi sembrava più urgente un Giubileo in stile dantesco che in stile Papa Francesco, ma certamente sbaglio perché non siamo nel XIV secolo e inoltre, al contrario del Sommo Pontefice, non sono assistito dallo Spirito Santo.

Vorrei anch'io venire illuminato e capire il senso di un Giubileo che in un'epoca di profonda crisi morale sussurra agli uomini che la morale non è poi così importante.

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