Questionario ai detenuti: «Di cosa avete bisogno?»

Distribuita tra le case circondariali la merce in eccedenza delle aziende lombarde

A S. Vittore si parla sempre meno italiano. Lo dicono i numeri: delle 2mila742 persone transitate nella casa circondariale durante il 2006 ben 1.802 sono straniere, contro le 940 italiane. Praticamente il doppio. Marocchini, romeni, tunisini e albanesi rappresentano la maggioranza dei detenuti del carcere che attualmente ospita 1.214 uomini e 92 donne (circa 600 unità in meno rispetto a un anno fa, per effetto dell'indulto della scorsa estate), di cui il 60 per cento proveniente dall'estero.
I dati risultano dallo studio effettuato dalla direzione del penitenziario nell'ambito dell'iniziativa «Incontro ai bisogni - Enti in rete» realizzata dall'associazione Banca telematica della solidarietà, con il sostegno della Regione Lombardia e in collaborazione con la Sesta opera S. Fedele. Un progetto senza scopo di lucro (di cui l'attore comico Leonardo Manera è il testimonial d'eccezione) partito l'anno scorso con il fine di consegnare ai detenuti di S. Vittore - e di altre tre carceri lombarde - beni materiali in eccedenza presso aziende. Dai prodotti per l'igiene all'abbigliamento, dagli alimentari alla cancelleria. Insomma, tutto ciò di cui la popolazione carceraria ha bisogno e in prigione scarseggia, vuoi per il sovraffollamento vuoi per le restrizioni previste dai regolamenti interni. La scelta dei prodotti da recapitare ai detenuti non è stata affidata al caso. Le necessità sono emerse da un questionario compilato da circa 200 carcerati. La Banca telematica della solidarietà ha poi agito di conseguenza, raccogliendo e smistando a S. Vittore beni per un valore vicino ai 70mila euro.
L'eterogeneità dei detenuti, diversi per origine, gusti e tradizioni, ha complicato non poco la situazione all'interno di S.Vittore. C'è chi per esempio non mangia alcuni cibi per motivi religiosi, ma non può scegliere un menù alternativo. Oppure chi ha bisogni particolari che non trovano riscontri nel materiale messo a disposizione dal personale (il cosiddetto kit, previsto per legge).

Spesso poi chi arriva in carcere non possiede altro che ciò che indossa e non ha famigliari in Italia a cui rivolgersi per procurarsi indumenti o altro. Risulta così fondamentale il contributo fornito dai volontari e dalle associazioni non profit che operano nei penitenziari, come riconosciuto dalla stessa direttrice di S.Vittore, Gloria Manzelli.

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