Roma - «Nel 2006 avevamo davanti una traversata nel deserto, oggi una passeggiata in prateria». Silvio Berlusconi assicura sì il suo sostegno al governo Monti, ma basta questa battuta a capire quale sia l’approccio del Cavaliere. In primo luogo, «serrare le fila» di un Pdl che scricchiola - diviso tra i molti che la fiducia al nuovo esecutivo la votano «con riserva» e i tanti che lo fanno invece «a scatola chiusa» - eppoi mostrare sin da subito che non ha alcuna intenzione di ritirarsi a scrivere le sue memorie. Con l’obiettivo di tenere alta la tensione e mettere mano sin da subito al partito in vista della campagna elettorale visto che - al più tardi - si voterà comunque fra poco più di un anno.
Ecco perché nei giorni in cui il governo Monti incassa la fiducia di quasi tutto il Parlamento (Pdl compreso), Berlusconi cerca di bilanciare spiegando ai gruppi parlamentari del Senato prima e della Camera poi - che se si fosse presentato al Quirinale chiedendo le elezioni anticipate si sarebbe scatenato «il terrorismo dell’opposizione e della stampa», anche «di quella straniera». Un «gesto di responsabilità», dunque, quello delle dimissioni. E anche quello di sostenere Monti nonostante «il rialzo dello spread dimostra che nulla è cambiato, mentre tutti dicevano che noi, in particolare io, eravamo i responsabili dei problemi in Borsa». Davanti al gruppo del Pdl del Senato il Cavaliere è durissimo. Al punto di dire che Monti rappresenta una «sospensione della democrazia» visto che il suo è un governo non eletto. In altri colloqui, però, arriva a parlare anche di «assalto alla democrazia» con la «decisione finale» sul nuovo esecutivo che «ci è stata praticamente imposta, con i tempi voluti dal presidente della Repubblica».
Un Berlusconi, dunque, che vuole fin da subito mettere in chiaro che l’appoggio al governo Monti è «tecnico» proprio come la natura dell’esecutivo. Che «lavorerà il tempo necessario per realizzare il programma previsto per uscire dalla crisi economica» ma poi «si andrà subito al voto». Un sostegno a termine, insomma. Visto che il governo «durerà fin che lo vuole il Pdl». Anche se, è questo il punto, dentro il partito ci sono sensibilità diverse se Claudio Scajola dice chiaro che «nessuno deve tentare sgambetti» a quello che era «l’unico esecutivo possibile». Non è un caso che l’ex premier inviti il partito a comportarsi come «un sol uomo» perché «solo uniti possiamo andare avanti». E, chissà, forse è anche per questo che annuncia «provvedimenti» nei confronti de Il Giornale di cui, dice, «spesso non condivido la linea».
Il Pdl, insomma, anche oggi - con Berlusconi che interverrà alla Camera - voterà compatto la fiducia ma il messaggio a Monti è che il suo governo ha i mesi contati. Non appena avrà portato a termine il programma sulle misure anti-crisi contenute nella lettera all’Ue (e non la patrimoniale che, dice ai suoi parlamentari, «ho già spiegato a Monti non sosterremo mai») «si tornerà» infatti «al voto». Del resto, anche se molti lo indicano come il campione che salverà l’Italia, «come Maradona fece con il Napoli», da solo Monti non riuscirà a raddrizzare la situazione. Per questo nel frattempo il partito di via dell’Umiltà lavorerà per riconquistare gli elettori, riorganizzarsi (c’è anche l’idea di «lanciare una tv» del Pdl affittando quegli spazi di Palazzo Grazioli «dove prima c’era la televisione di D’Alema) e vincere le elezioni.
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