(...) in casa, contro il Bologna. E, a questo punto, lobiezione è quasi obbligata: ma come? Contro il Bologna il Genoa aveva perso, di fatto suicidandosi calcisticamente. Un suicidio perfetto, fra laltro.
Eppure, nonostante la sconfitta, nonostante il suicidio perfetto, credo che proprio lì, proprio con il Bologna, si sia capita la grandezza di questo Genoa, anche questanno. Che somiglia moltissimo al Genoa dello scorso anno che non andò in Champions solo per lo scontro diretto con la Fiorentina, quello del pareggio al novantatreesimo. Che somiglia moltissimo al Genoa del ritorno in A, che sfiorò lEuropa League e mollò solo nelle ultimissime giornate. Che somiglia moltissimo al Genoa della promozione.
E si somigliano moltissimo, tutti questi Genoa, per un semplice fatto: perchè sono fatti - con il contributo decisivo della società e soprattutto del presidente - ad immagine e somiglianza del loro allenatore. Che ha trasformato unesclamazione da fumetto («Gasp!), nellacronimo del bel calcio, nel codice fiscale del piacere di giocare a calcio, nellabbreviazione del piacere di vedere giocare.
Solo per restare a domenica: cinque gol, quattro pali e traverse (fra laltro, sempre lì, sotto la Nord, alla destra del portiere del Cagliari Marchetti, come se ci fosse una calamita da quel lato della porta), lo stesso Marchetti migliore in campo della sua squadra. Spesso, nel calcio, le statistiche e i numeri non dicono niente. Stavolta, dicono tutto.
E quando si gioca bene, quando si segna di tacco un gol come quello di Palacio, quando si fanno rovesciate come quella di Sculli, quando si diventa capocannonieri della squadra con gol bellissimi come Marco Rossi, allora non si deve aver paura di nulla. Nemmeno di sognare.
Ora, non dico che il Genoa vincerà il campionato. Certo, lInter ha frenato bruscamente. Certo, ci sono ancora tanti punti a disposizione e il combinato disposto fra questo Genoa, torrido, e la gelida matematica autorizza qualsiasi pensiero, ma per la stella forse è meglio aspettare un altranno.
Però. Però parlare di Champions, almeno sognarla - dopo che molti tifosi genoani (perchè sono così) spiegavano mesti in settimana che, in caso di probabilissima sconfitta con il Cagliari la salvezza sarebbe stata un miraggio - non è più roba da ricovero alla neurodeliri. E già questo vale uno scudetto.
Per quanto mi riguarda, da fuori, da terzo, da innamorato dei colori giallorossi, confesso un tradimento, una scappatella: con il Cagliari (e con il Bologna) mi sono innamorato della squadra che giocava con la maglia rossoblù. E non era il Cagliari, nè il Bologna.
Prometto che tornerò fedele, ma stavolta il colpo di fulmine era inevitabile. Gasp!
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