Ma qui si discute solo del fattore C

Silvio, dacci un taglio. Non per modo di dire, ma sul serio. Da quel che si vede in tv, si legge sui giornali, si dice in giro, l’Italia sarebbe una fiorente democrazia senza guai se non ci fosse un solo problema: l’organo sessuale del premier. È Lui, come lo chiamava in un celebre romanzo Moravia, la causa di tutti i guai nazionali. Che il mondo stia inguaiato per gli effetti della crisi economica (...)
(...) e per il difficile rapporto tra economia di mercato e solidarietà sociale, è cosa che vale per tutti, dagli Stati Uniti in poi. Ma in Italia no. Il problema italiano non è quello e non sono nemmeno i centouno problemi atavici del Sud, del Nord e di che volete voi. Il problema italiano è unico, è ben noto, benché nascosto in pubblico, e ha una precisa collocazione, inguinale: è il sesso del Cavaliere. In suo nome, nota il coro, il premier commette ardite sciocchezze, insulta chi lo usa con canone inverso, fa il mandrillo con le donne, traffica con giovinette e trova perfino compagni di libagione, da Putin a Gheddafi. Finalmente è stata individuata l’anomalia italiana, si è trovato il capro espiatorio, si è addirittura localizzata la fonte dell’anormalità italiana.
Credetemi, è la sintesi rigorosa che ricava uno straniero se sta a quel che scrivono e che dicono in Italia: il fattore C, di cui vi risparmio la trasparente traduzione. Diciamo C come capro, perché l’animale evoca sia il diavolo che l’espiazione. Appunto per questo, per salvare il governo, l’Italia, la credibilità internazionale, i vagoni di giovani vittime date in pasto al Silviotauro insaziabile, e per salvare infine lui medesimo, ho pensato di lanciare una proposta. Raccogliamo le firme in tutta Italia per l’evirazione diretta del premier. Mette d’accordo tutti la riforma della costituzione del premier. Tavolini in tutta Italia, fondiamo lo Zac party per liberare l’Italia da quell’ostacolo tra le sue gambe. Motto vincente: Evira Peron.
È questo il taglio prioritario per il bene del nostro Paese, egregio ministro Tremonti. Pensate come sarebbe più concentrato il premier sull’azione del governo, i suoi discorsi sarebbero più sobri e con voce lievemente addolcita, direbbe cose carine ai gay e a Rosy Bindi, si sgonfierebbe il capitolo delle intercettazioni, la magistratura si occuperebbe finalmente della giustizia nel nostro Paese. Un popolo di machisti e di guardoni, anzi di orecchioni, finalmente penserebbe al lavoro e alle cose serie.
La prima riforma che urge nel nostro Paese è la castrazione del premier. Certo, sarebbe poi curioso capire quanto conti quell’organo capriccioso nel resto della politica italiana, da Fini a Vendola, per non dire del resto. Perché quell’organo conta in sede di polis dai tempi della guerra di Troia, anche se allora Ruby si chiamava Elena. E quanto ha contato nell’Unità d’Italia: ora che scoccano i 150 anni dovremmo ricordarci che i padri della patria, niuno escluso, furono gran femminieri. Dico il sanguigno Re Vittorio Emanuele II e dico il pluriammogliato Garibaldi al quale, altro che telefonata in questura, fu data la dispensa da un matrimonio appena celebrato, perché aveva scoperto che lei aspettava un bambino da un garibaldino bergamasco. Donnaiolo fu persino il triste Mazzini, vestito sempre di scuro, un dark erotico che non vi dico; ma anche lui, il mite e paffuto Cavour, che i ritratti d’epoca effigiano con un pantalone bianco aderente da cui non si evince alcun accenno scrotale, fu un gran donnaiolo. E quanto contò la di lui parente Contessa di Castiglione...
Secondo Fini, Casini, Franceschini e Bersani, il quartetto emiliano dei nuovi Casadei che hanno chiesto la caduta del governo per il bunga bunga, i quattro padri della patria avrebbero dovuto far cadere l’Unità d’Italia per la loro incontinenza sessuale... Eppure io me li ricordo i comunisti italiani, da ragazzo; confondevano ricchi e ricchioni, ritenevano che il frocismo fosse una deviazione borghese. Lo scandalo di Pasolini, cacciato dal Pci perché omo, e l’imbarazzato silenzio su Togliatti e la Jotti... Berlusconi a volte usa un linguaggio che era quello unanime dell’Italia fino a pochi anni fa. Lo scandalo è solo un luogo comune pervenuto in ritardo.
Voi sapete, scherzi a parte, cosa io pensi di queste vicende, non ho risparmiato critiche sulle colonne di questo giornale, prova della libertà di cui qui si gode, sconosciuta a tanti colleghi. Confermo tutto. Però lasciatemi dire che tradurre in questione di governo e di priorità nazionale, un brutto risvolto privato che a volte deborda nel pubblico, mi pare eccessivo. Finiamola, per favore.
Ma se proprio volete essere propositivi in materia, allora firmate la petizione per castrare Berlusconi, separando governabilità da sessualità. Se vogliamo un sistema soft procediamo con la castrazione chimica.
Nell’attesa invio a Berlusconi una copia di un libro appena letto: il Manifesto della nuova castità di Gabriele Kuby appena edito da Lindau. È un piccolo testo, stavo per dire un testicolo, assai controcorrente, che mostra le radici sessantottine della pansessualità odierna, Berlusca incluso.

E sostiene, con l’appoggio di studi antropologici, che quanto minori sono le limitazioni sessuali tanto più basso è il livello culturale, e viceversa. Non so se sia vero, ma lo manderei al premier purché lo faccia girare pure tra i suoi nemici.
Poi scelga, liberamente, tra castità e castrazione.

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