Quote, il giorno della civetta: questione di marketing

Prima del Roland Garros si poteva giocare Francesca Schiavone «coppa in mano» a 200, ma dubitiamo che più dello 0,5% (100 diviso 200) del volume delle puntate sia finito sulla tennista milanese. Quindi ancora una volta i bookmaker sono rimasti vivi, grazie alle cosiddette quote civetta: che offrono tanta pubblicità gratuita ma anche possibilità reali di guadagno vicine allo zero. È il caso della stessa Schiavone vincitrice nel prossimo Wimbledon, data a 67: la popolarità extratennistica e le comparsate televisive di sicuro indurranno più dell’1,5% (100 diviso 67) degli scommettitori a puntare su di lei, regalando i propri soldi. È la stessa logica che ci porta a dire, guardando le quote per i vincenti del Mondiale, che sono interessanti la Serbia a 75 o la Costa d’Avorio a 50: giocate che possono sembrare intelligenti sono quindi in realtà una specie di tassa versata al marketing. L’unico modo per guadagnare dalle quote civetta è cavalcarle, in caso di buon tabellone, per poi rientrare dell’investimento quando gli avversari si fanno difficili. Al Mondiale, visti i gironi, il gioco può riuscire con Portogallo a 28, Grecia e Nigeria (300 e 200, una delle due sarà senz’altro agli ottavi), addirittura con l’Italia campione in carica pagata a 16.

Quasi certo che gli uomini di Lippi saranno agli ottavi, di sicuro con un’avversaria pagata molto sopra la pari. Poi troviamo la Schiavone che vince e fa saltare tutto, ma nel medio periodo la realtà è molto più banale: la coppe in genere vanno a Serena Williams.
stefano@indiscreto.it

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