Cultura e Spettacoli

Racconti veloci come lo Spitfire? Allora il «pilota» è Roald Dahl

Ci sono scrittori che hanno il passo del romanzo. Inanellano con rapidità estrema pagine su pagine. Portano il lettore, con l’onda di piena della loro narrazione, su percorsi tortuosi pieni di mille avventure, oppure lo fanno lentamente sprofondare nella psiche dei personaggi.
Esistono poi gli scrittori come Roald Dahl (1916-1990), scrittori che inchiodano il mondo in dieci pagine. Non descrivono, all’apparenza, usano quasi solo dialogo, mettono l’ambientazione in due parole. Eppure, alla fine, è tutto lì. In una manciata di fogli, in un racconto, è racchiuso e cristallizzato quello che qualcun’altro ci avrebbe raccontato in una trilogia.
Non che Dahl, geniale narratore inglese ingiustamente noto soprattutto come scrittore per ragazzi, non possedesse la penna e il coraggio necessari ad affrontare il romanzo: I Gremlins, La fabbrica di cioccolato, Le streghe ci testimoniano il contrario.
Eppure è nel bozzetto geniale, nel tratteggio istantaneo, nella liofilizzazione degli eventi in forma di parola che Dahl è un maestro ineguagliato. Tant’è che Giorgio Manganelli, uno non facile al complimento, diceva di lui: «È uno degli scrittori più spassosi che conosca. E, soprattutto, è un malvagio».
Ecco perché l’uscita in Italia di Tutti i racconti (Longanesi, pagg. 825, euro 22) è un occasione preziosa.
I cultori del Dahl autore per ragazzi, definizione che forse andrebbe abolita, scopriranno l’efficacia delle sue narrazioni per adulti, alcune assolutamente inedite nel nostro Paese. I lettori tout court hanno, invece, la possibilità di trovarsi di fronte a quarantotto perle. Discettando delle quali il recensore non è costretto a parlare di letteratura ombelicale, di romanzo di formazione, piani simbolici, venature new epic o altre scempiaggini.
Semmai si trova nella difficoltà di dover provare a sintetizzare, male, l’immensità dell’universo di Dahl.
Il Maggiordomo, short story che apparteneva alla raccolta Eight further tales of the unespected, in tre pagine racconta l’ascesa della nuova borghesia inglese, il crollo delle tradizioni, la vendetta di un «servo» colto contro un padrone arricchito e volgare. Non bastasse si porta dietro gli echi di una stupenda novella boccaccesca, quella di Cisti Fornaio.
Il soldato condensa il trauma della guerra, la follia e l’impossibilità di ritornare alla normalità con una ferocia folgorante. Ma non immaginatevi campi di battaglia: lo scenario è quello di una camera da letto dove una moglie cattivissima affronta il marito reduce. Con rovesciamento inaspettato, ne fossero capaci alcuni giallisti da mille e rotte pagine, sarà lei a ridurre a mal partito, nonostante un grosso coltello e qualche altro rischio mortale, il coniuge traumatizzato e potenzialmente assassino. Esattamente come è al di fuori di ogni schema narrativo abituale, e quindi frusto, l’omicidio che avviene in Cosciotto di agnello. E, nonostante l’arma del delitto sia appunto un improbabile quarto posteriore di giovane ovino, la narrazione assume un tono terrorizzante in pochissime battute, a partire da dettagli più che banali: «Lui non rispose e allora lei chinò di nuovo il capo e riprese a cucire: ma ogni volta che lui si portava il whisky alle labbra sentiva il tintinnio del ghiaccio contro il bicchiere... S’alzo e mise il lavoro sul tavolino accanto alla lampada. “Siediti” disse lui. “Sta’ seduta almeno un momento”. Fu allora che lei fu presa dalla paura».
È forse questa la chiave che caratterizza i pur diversissimi racconti di Dahl: il realismo delle situazioni si trasforma senza soluzione di continuità in incubo, oppure in grottesco, senza quasi che il lettore abbia il tempo di accorgersene.
In questo senso il capolavoro della raccolta potrebbe essere Attenti al cane. Nel racconto c’è un pilota di caccia della Seconda guerra mondiale. Il suo Spitfire è danneggiato, un proiettile gli ha spappolato una gamba. E in questo caso non ha nemmeno senso parlare di realismo quanto piuttosto di realtà: Dahl fu pilota nella RAF, compiendo missioni dal Kenya alla Libia e alla Grecia, finché un terribile incidente non gli impedì di volare. Ad un certo punto l’aviatore si butta col paracadute in una distesa di nuvole bianche, senza sapere dove si trovi esattamente. Quando si sveglia è in un lindo ospedale. Ma lentamente la salvezza si trasforma in uno strano incubo pieno di dettagli rivelatori...
In questo caso il finale non lo riveliamo. Ma il finale è la cosa che conta di meno.

Ecco la differenza tra Dahl e un mattone cartaceo qualunque per tener fermo l’ombrellone.

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