«Raccontiamo gli intrecci perversi di quell’epoca»

da Roma

«Quello che volevamo era racchiudere, in una pagina di storia molto forte come quella di Bologna, la nostra idea del rapporto stretto e perverso fra criminalità organizzata e servizi deviati». Sandro Petraglia, sceneggiatore di mille film civili da La Piovra a Romanzo criminale, difende il film dalle critiche e spiega come dovrebbe essere letto.
Silvestri su Il manifesto dice che avete fatto un film «almirantiano».
«Conosco Silvestri da anni e non so dire cosa gli sia accaduto: ovviamente è una sciocchezza».
C’è il rischio che adesso tutti dicano: «Nel film si dice così, ma nella realtà...».
«No. Noi abbiamo fatto un film che è tratto da un libro che a sua volta si chiamava Romanzo. Ispirato alla realtà, ma anche diverso dalla realtà. I nostri personaggi sono vicini alla Banda della Magliana, ma non sono esattamente loro. Sono addirittura diversi rispetto a quelli del libro».
Quindi non volete scendere nella disputa sulle sentenze e sui processi.
«Assolutamente no. Noi abbiamo raccontato un intreccio incredibile che in questo paese c’è stato, e abbiamo inserito delle figure che ci aiutassero a raccontarlo».
Perché i «vostri» criminali hanno a che fare con il caso Moro, l’omicidio Calvi o la strage di Bologna, allora?
«Per un esercizio molto simile al pasoliniano Io so. Io so che certe cose sono accadute, ma non ho le prove per dirlo. A me, a Rulli, a Placido o a De Cataldo, non spetta stabilire una verità giudiziaria: io devo rendere il senso di quello che è accaduto in questo paese».
Perché fate vedere che il libanese ordina a un killer della banda di uccidere l’uomo che forse ha messo la bomba?
«Perché pensiamo che un legame ci sia stato.

Ma la storia di quel killer lasciamo che sia lo spettatore a immaginarla. Molti tendono a leggere Romanzo criminale in maniera... extrafilmica. Noi vogliamo che questo sia un film che faccia riflettere, non che sia considerato quel che non può essere: cioè una nuova sentenza».

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