Radar, satelliti e muri Così l’Europa ferma gli immigrati

Il governo Zapatero blocca il 90% di arrivi. E ora molti Paesi Ue vogliono la sorveglianza dallo spazio: sarà collegata alle forze di polizia nazionali

Il segnale corre lungo tutta l’autostrada verso Gibilterra. Le voci in arabo dei programmi radiofonici si moltiplicano. Il Marocco è lì. Uno stretto separa la Spagna dalle coste africane. La traversata è a portata di mano. Ma i traffici si sono stoppati. La situazione è rientrata sotto controllo. Radar, dispositivi tecnologici, muri hi-tech. È la risposta anti-clandestino di Zapatero. È la sua tolleranza zero che si concretizza, che dà risultati, che sostiene la stessa linea americana, quella che ha deciso di costruire un muro lungo 1200 chilometri per separare il Messico, da dove arrivano gli immigrati, quella del governo maltese che all’arrivo di carrette del mare inviano guardie costiere per allontanare ospiti indesiderati.
Zapatero, il leader progressista, il socialista, quello laico, che difende e appoggia le minoranze, quello che ha tentato un dialogo anche con l’Eta, il nemico più grande, che uccide a tradimento, ha detto no ai flussi di immigrati incontrollabili.
Eppure i trafficanti di esseri umani avevano scelto proprio Tenerife, Lanzarote, la costa andalusa come mete per i loro guadagni. Marocchini, senegalesi, nigeriani, trasportati giorno e notte sulle carrette del mare. Quelle stesse imbarcazioni che si vedono arrivare ogni anno sulle nostre coste. Un flusso che nel 2006 tocca picchi impressionanti: in pochi mesi sbarcano 7mila clandestini. Poi la tragedia: in autunno scatta la repressione violenta. I militari marocchini sparano sugli immigrati che tentano di infilarsi nelle enclave spagnole. Muoiono oltre 50 persone. Zapatero appoggia la repressione. Appare in video teso ma sicuro di sé. «I clandestini non sono ammessi».
A gennaio Alfredo Perez Rubalcaba, ministro degli Interni, ha presentato con particolare orgoglio il Bilancio della Lotta contro l’immigrazione illegale: «Nel 2007 negli aeroporti le nostre forze di sicurezza sono riuscite a fermare 50.318 persone che cercavano di entrare illegalmente in Spagna. Di questi ne abbiamo rimpatriati 46.471, il 90 per cento». Una vittoria. Ma non solo, i risultati sono arrivati anche dal versante marittimo. Gli africani intercettati a bordo dei Cayucos, le carrette del mare, nel 2007 sono stati 18.057, contro i 39.180 del 2006. Una diminuzione del 54 per cento.
Dietro a tutto questo accordi e interventi di cooperazione. Entra in questo contesto il controllo Eurosur, un sofisticatissimo sistema di rilevamento satellitare voluto dall’Unione europea. Ma è soprattutto la linea dura il segreto del successo spagnolo. Il lavoro sistematico del Sive, il Sistema integrado de vigilancia exterior, il più sofisticato muro hi-tech anti-immigrati al mondo, con radar fissi e mobili e sensori in grado di vedere dal centro di comando di Algesiras in Andalusia gli scafi degli illegali fino a 20 chilometri di distanza. La Spagna deve stare attenta anche agli aeroporti. Nel 2006 la polizia denunciava che l’85 per cento degli illegali non arrivava dal mare ma con i voli di linea dall’America Latina. Colombiani, ecuadoregni, entravano con un visto turistico per 3 mesi per non tornare più. Ma Zapatero dice no: si oltrepassa la frontiera solo con biglietto di ritorno già pagato e un minimo di 500 euro in tasca.

Una linea intransigente che si è già attirata molte critiche da gruppi umanitari. Si indigna Sos Racismo nell’ultimo rapporto: «Zapatero offre un discorso più populista ma in pratica è peggio del centrodestra. Rispetto al suo predecessore Aznar ha espulso il 43 per cento in più».

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