Radici Il legame fra generazioni è alla base di questa favola moderna

La natura ha i suoi tempi, così diversi dai nostri. Un abete, per diventare un grande albero, come quello che dà il titolo al nuovo romanzo di Susanna Tamaro, può impiegare anche tre secoli.
Un grande albero, se non ha la sfortuna di essere centrato da un fulmine, può essere testimone della storia. Quello raccontato dalla Tamaro assiste al passaggio sulla terra di generazioni e generazioni. Accoglie sotto le sue fronde Cecco Beppe e l’imperatrice Sissi, così come gli amanti più umili. Assiste impassibile alle guerre, tanto futili quanto dolorose. Ospita fra i suoi rami scoiattoli e uccelli e insetti. Osserva i cervi combattere per diventare capobranco.
Il grande albero scruta i mutamenti della società, col passaggio da quella agricola a quella industriale, soffocata dall’ansia e dalla fretta: «(Gli uomini, ndr) non si fermavano mai, non si stupivano mai, la loro testa era piena di rumore, e quel rumore li rendeva ciechi e sordi a tutto quello che li circondava».
La relativa quiete della radura però sta per essere disturbata dall’irruzione violenta dell’uomo. Il grande albero viene infatti segato e trasportato in Piazza San Pietro, dove farà mostra di sé come addobbo natalizio nel cuore della capitale. Con lui però viaggerà verso l’urbe anche lo scoiattolo Crick, inquilino dell’abete più che mai determinato a ottenere un miracolo: il ritorno immediato nella foresta. Difficilissimo ma non impossibile. Certo, ci vorrà l’intercessione di un personaggio davvero molto in vista...
Susanna Tamaro con questo romanzo (Il grande albero, Salani, pagg. 154, euro 12 in libreria da domani), scritto per i ragazzi ma anche per i genitori, lancia un messaggio semplice e profondo, come la sua scrittura. Questo: «Solo oggi - dice uno dei personaggi - ho aperto gli occhi, solo oggi, all’improvviso, ho capito: questo albero siamo noi! Questo albero senza più radici è la rappresentazione della nostra vita (...) Senza radici non c’è nutrimento e senza nutrimenti non c’è vera vita». E se non affondiamo le radici nella terra «come facciamo ad alzare lo sguardo verso il Cielo?».


Così questa garbata fiaba permette a noi, e ai nostri figli, di ricordare cos’è davvero importante: il senso di continuità e solidarietà fra generazioni, il poter contare su affetti solidi, il condividere la nostra vita con chi ci sta accanto perché ha scelto di starci e non perché passava di lì per caso. Un canto d’amore verso la famiglia.

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