Cronache

Raffinato, moderno, fascista. Ecco l'ateneo di Gio Ponti

Apre l'ala dell'università di Padova curata dall'artista milanese nel 1939-1942. Dalla Basilica civile alle stanze del rettore è un susseguirsi di ambienti-capolavoro

Raffinato, moderno, fascista. Ecco l'ateneo di Gio Ponti

nostro inviato a Padova

Al culmine della Scala del Sapere, affrescata da Gio Ponti nel Palazzo del Bo dell'università di Padova, nell'angolo di un setaccio che filtra gli studenti meritevoli e quelli non idonei, c'è un buco con la lettera di un ministro. All'epoca, pieno ventennio fascista, l'allusione al costume delle raccomandazioni suscitò aspre polemiche. Era una denuncia, forse uno scherzo goliardico, la firma dell'autoironia al termine di un'opera che il grande architetto e designer milanese realizzò tra il 1939 e il 1942 su commissione del rettore Carlo Anti, archeologo. Oggi quella griffe fa sorridere: un certo realismo non aveva abbandonato gli autori di quella elegia della conoscenza che è stata l'allestimento di questi austeri saloni. Ammodernati e arredati con tocco felice in un'epoca in cui, fuori, il fascismo esasperava i conflitti e catapultava il Paese nella Seconda guerra mondiale.

È un'esperienza di vertiginosa immersione nella storia, nella scienza, nell'arte e nell'architettura, la visita all'ala moderna del Palazzo del Bo (la Basilica e l'appartamento del rettore) che dallo scorso weekend - durante la settimana ospita l'attività accademica - per volere dell'attuale rettore Giuseppe Zaccaria, è stata aperta al pubblico, completando il percorso già visibile della parte antica che, finora, vantava una media di 40mila visitatori l'anno. Dopo la recente inaugurazione del Giardino della Biodiversità dell'Ortobotanico, anch'essa voluta dall'ateneo, l'apertura al pubblico del Palazzo nuovo del Bo consolida una stagione di turismo culturale e di dialogo tra l'istituzione universitaria e la società civile.

Fu «il fascistissimo e assolutamente lungimirante» Carlo Anti, parole di Zaccaria, a ideare il piano di costruzione e ammodernamento dei palazzi universitari, ereditati nel 1493 dall'Hospitium Bovis, un rinomato albergo con stalle annesse, ceduto al rettore dei giuristi dell'università fondata nel 1222, e fino a quel momento sparsa in varie sedi cittadine. Per realizzare l'ambizioso progetto, Anti si avvalse della collaborazione di Ponti che, tra il '34 e il '36, si dedicò alla costruzione e agli allestimenti del Palazzo Liviano, tuttora sede della facoltà di Lettere e Filosofia. Tra il rettore-archeologo e il quarantenne architetto di grandi visioni scattò un'affinità intellettuale i cui esiti si rivelarono oltremodo felici. Ponti chiamò all'opera non solo gli artisti locali, ma i pittori e gli scultori più rappresentativi dell'epoca, da Pino Casarini che affrescò la Basilica, ad Arturo Martini, autore del Palinuro che introduce alla Scala del Sapere, da Carlo Scarpa che disegnò i centritavola dell'appartamento del rettore, fino a Gian Giacomo Dal Forno, che dipinse i ritratti dei quaranta studenti stranieri divenuti famosi dopo aver studiato a Padova.

Attraversato il Cortile Antico con gli stemmi dell'aristocrazia studentesca dell'ateneo risalente alla seconda metà del Cinquecento, e reso omaggio all'effigie di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, prima donna laureata al mondo, si sale al Teatro Anatomico, realizzato da Fabrici d'Acquapendente nel 1594, anch'esso un primato assoluto, imitato nelle accademie di tutta Europa. La cattedra di Galileo Galilei esposta nella Sala dei Quaranta è un'altra testimonianza del passaggio della storia. Come lo è la conferenza tenuta da Einstein nel 1921 nell'Aula Magna ornata di effigi e ritratti, e successivamente ammodernata da Ponti con una boiserie , un podio e un grande portale. Superato il quale si entra finalmente nella Basilica, «una Basilica civile - sottolinea la professoressa Elisabetta Saccomanni, curatrice dell'iniziativa per il rettore - cuore del Palazzo nuovo ed emblema dell'arte novecentesca, armonizzata da Ponti in una ricerca di bellezza e razionalità». Il colpo d'occhio è notevole. Le colonne stuccate di rosso, le losanghe che lastricano il soffitto, i lampadari racchiusi in fogli di cristallo moderni ancor oggi, gli affreschi di Casarini che ripercorrono la storia politica dell'università (partecipazione alla rivolta contro gli austriaci, morte di Ippolito Nievo, Prima guerra mondiale, guerre d'Etiopia e di Spagna), le panche copricaloriferi che riprendono le linee degli arredi: tutto trasmette ambizione intellettuale e raffinatezza estetica.

Un rapido sguardo all'Archivio Storico che, dopo l'adattamento di Ponti, ospita la libreria di Santa Giustina, precede l'ingresso nel Circolo dei Professori, espressamente voluto da Anti nell'intento di cementare il legame tra il corpo docente e l'istituzione, trasformando l'ateneo in un ambiente familiare, quasi una dimora intellettuale dove anche le mogli degli accademici avrebbero potuto venire a bere il the. Ecco allora la Sala di lettura con divani e poltrone, la Sala da pranzo attigua alla cucina, con un tavolo modulare per ospitare una trentina di commensali, e la Sala del caminetto con i tavoli da gioco. Ogni arredo, studiato nei minimi particolari, lampade attaccapanni e dispense della cucina comprese, porta la firma di Ponti. E così, anche qui, ci troviamo di fronte a una pulizia stilistica e a un'estetica razionale ormai divenute classiche. Il tutto accompagnato, nelle gallerie e negli atrii, dagli affreschi delle città che gravitavano attorno all'università patavina e dai ritratti dei magnifici rettori. Superate le sale delle lauree di giurisprudenza e medicina si torna nel Cortile nuovo, ornato dal bassorilievo di Minerva, dove si apre la Sala degli studenti, con affresco a tutta parete sulla Padova goliardica del pittore Giorgio Peri.

La visita è finita. Ma prima di uscire si ripassa davanti a quella Scala del Sapere che, in un accesso creativo, Ponti volle decorare con l'aiuto di Giovanni Dandolo e Fulvio Pendini, sintetizzando e celebrando ad un tempo l'intero percorso di una vita di studi. Così, dall'inizio che raffigura uno studente affiancato dal suo maestro, attraverso le allegorie delle scienze naturali e di quelle morali si arriva in alto, con l'immagine dello studente, ormai vecchio, al quale cadono i libri mentre pronuncia il motto cinquecentesco «anchora imparo». Al suo fianco, l'Alma Mater. E quel setaccio goliardico..

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