Ragazza bruciata e gettata nuda nel pozzo

Ragazza bruciata e gettata nuda nel pozzo

da Catania

«Ciao mamma esco, vado dalla nonna, ci vediamo dopo... ».
Un saluto qualunque di un pomeriggio che non sarà mai più qualunque. Erano le tre e mezzo del 30 aprile. Da quel momento gli occhi grandi e dolci, color carbone, di Lorena Cultraro non li ha incrociati più nessuno. Tredici giorni di silenzio, di angoscia, di incubi che ora dopo ora si materializzano in tristi presagi. Lorena, nonostante quel suo charme già da adulta, quei suoi modi da donna sbocciata forse troppo in fretta, aveva solo 14 anni. Frequentava la prima dell’istituto tecnico commerciale di Niscemi, Caltanissetta. Ieri l’hanno ritrovata. Morta. Uccisa, barbaramente, come di solito si fa solo coi grandi. Il corpo svestito, bruciato, legato a un masso e gettato in un pozzo in mezzo alla campagna.
Finiscono così, tragicamente, le speranze, le ricerche tra i dirupi e i laghetti artificiali del Nisseno e gli appelli disperati dei genitori a «Chi l’ha visto?». Si sperava in una «fuitina», nel gesto clamoroso di una ragazzina a caccia di sogni e illusioni. Prima di rivolgersi alle telecamere i genitori avevano tappezzato con le sue foto i muri della cittadina e quelli dei paesi vicini. «Alta un metro e 60, capelli castani con meche, al momento della scomparsa indossava... ». Poi gli appelli in tv e sui giornali locali: «Torna, anche se hai fatto qualche sciocchezza, non ti preoccupare, ti accoglieremo a braccia aperte». Nonostante tutto il telefonino di Lorena continuava a rimanere muto, spento come dal pomeriggio in cui di lei si era persa ogni traccia. Un segnale inquietante per i carabinieri impegnati nelle ricerche.
È stato un contadino a scoprire il cadavere della giovane nel suo podere in contrada Vallo Giummarra, a pochi metri da un casolare. Lorena sarebbe stata uccisa all’interno dell’edificio, l’omicida avrebbe tentato di darle fuoco per far sparire ogni traccia, non riuscendovi l’ha gettata nella cisterna. La zona si trova a un chilometro da quella casa da cui Lorena era partita il mercoledì di due settimane fa forse dicendo una bugia; a sette da dove fu vista per l’ultima volta.
Secondo alcuni amici che l’avevano incontrata quel pomeriggio in strada lei aveva un appuntamento con qualcuno. Parlava al cellulare, con un ragazzo, forse un adulto. «Sbrìgati a venirmi a prendere», avrebbe detto.
Le attenzioni si erano appuntate su un diciottenne, «quello della Golf grigia che abita a Vittoria». I militari lo avevano interrogato. Frequentava Lorena, nessun motivo però per trattenerlo. Qualcun altro sosteneva, invece, di aver notato la giovane con un uomo adulto. Sussurri, voci, magari gelose cattiverie. Certo Lorena, ex bambina, stava trasformandosi. Anche nelle amicizie. «Ho la morte nel cuore, non riesco a parlare: tutto questo mi sembra irreale», le uniche parole che Giuseppe Cultraro, il papà imbianchino e pompiere volontario, riesce ora a pronunciare.
Manca un perché a tutto questo orrore. Eppure gli investigatori sembrano già avere le idee chiare. Non si parte da zero. Come dimostra la serie di interrogatori scattata subito dopo il ritrovamento del cadavere. Un gruppo di giovani, qualcuno non ancora diciottenne, è stato accompagnato in caserma.

Per questo ad ascoltare anche un giudice del Tribunale per i minori.
L’assassino di Lorena lo si cerca tra chi la conosceva bene. Tra gli amici, i compagni di scuola e forse di cotte. Senza escludere che l’assassino fosse solo.

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