Daniela Fedi
da Milano
Chi è la ragazza d'oro di Gucci, quella che è uscita sulla passerella di specchi illuminati da 5000 led oppure quella che stava nel backstage in quanto unico direttore creativo del marchio delle due G? Entrambe, ma senza dubbio Frida Giannini ha dalla sua un pregio che nessun vestito per quanto bello ti può regalare: il senso degli affari, uno sconfinato talento nel capire come muoversi e cosa fare per ottenere i risultati più spettacolari. Per esempio con la collezione presentata ieri sera a Milano ha dimostrato di saper digerire la forza e la potenza di Tom Ford così bene da riuscire a proporre un'immagine totalmente diversa ma al tempo stesso coerente con quella inventata da lui. Anche nel suo caso il punto di partenza era il rock, la musica che ha cambiato il mondo oltre alle coordinate sociali del lusso. Stavolta, però, non c'era tanto l'idea di vestire un'attitudine mentale quanto quella, perfino più spregiudicata, di ridisegnare un'estetica sfavillante a proprio uso e consumo.
«È come se avessi giocato con le copertine della mia collezione di 7000 dischi in vinile scegliendo le più belle per costruire la collezione» ha detto Frida senza preoccuparsi di specificare che la fonte d'ispirazione principale era il cosiddetto glam rock del David Bowie dei tempi di Ziggy Stardust. Infatti le modelle avevano la sottile ambiguità del Duca Bianco, androgino perfetto all'epoca di Live from Mars, condita però da un'iperbolica femminilità sottolineata dall'uso di materiali luccicanti, come colate d'oro sul tessuto. Così i tailleur pantaloni dritti e lineari come non mai perfino nel caso del bellissimo smoking tutto d'oro, si alternavano a mini abiti cortissimi indossati sempre con calze colorate e glitterate. Le scarpe avevano un altissimo tacco a spillo reso portabile dalla piccola zeppa anteriore ricoperta di specchi che riflettevano ogni luce amplificando la decisione del passo. Il tutto condito con strepitosi giubbini a intarsi di pelli preziose (quello in coccodrillo dorato era una vera meraviglia) oppure con lunghissimi cappotti bianchi, neri o blu.
Inutile dire che tutti gli accessori erano molto belli e super vendibili: dalle collane fatte con una bandana di maglia-tessuto inevitabilmente d'oro al borsello da uomo anni Settanta in una nuova e femminile versione.
Dire che questa moda ci ha emozionati sarebbe troppo: lo stile glam gira da anni sulle passerelle del mondo e in fondo riguarda una breve parentesi della nostra vita essendo durato in senso culturale dal '72 al '76. Ma certamente era quanto di più attraente per i consumatori, gli unici depositari della verità quando si parla di moda. In questo senso si può dire che la sfilata di Alberta Ferretti era bella ma difficile proprio perché basata sulla precisione dei tagli e la sublime eleganza sartoriale degli abiti corti a sacchetto, di quelli lunghi in maglia tessuto, dei magistrali cappottini e di tutte le pellicce.
Giorgio Armani continua nell'Emporio la ricerca di uno stile «ladylike» in salsa nuova caparbiamente cominciata con la prima linea. Distilla quindi la quintessenza di un guardaroba da vera signora con un certo dinamismo formale che rende le gonne più larghe e addirittura gonfie sotto ai giacchini più seducenti che si possano immaginare. Invece Cavalli per la sua linea giovane chiamata Just mescola il Giappone dei kimono con il '700 sfornando una collezione da dividere assolutamente in piccoli pezzi perché tutta insieme sarebbe troppo.
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