Queste notizie truculente, ormai sempre più ordinarie, vengono solitamente cucinate nelle pagine di cronaca nera in un modo abbastanza schematico, con uno slang di settore tramandato di generazione in generazione. Dramma della gelosia nel centro di Catania. Lei sta troppo seduta al computer, chattando con altri uomini. Il marito, accecato dalla gelosia, la sgozza con un taglierino, fino a decapitarla.
Il rito ortodosso della cronaca nera non si risparmia nulla. Calca la mano sui particolari, pigia il piede sull'acceleratore delle emozioni forti. Prende per il bavero, torce le budella. Il giorno dopo tutti quanti si sorbiscono la pesante dose di mostruosità umana, addentrandosi nei particolari, per poi divulgarli a chi ancora non li sa. Il rito si conclude con i lettori che però in qualche modo devono indignarsi per le crude descrizioni. Puntuali le accuse all'aridità e al cinismo dei giornali, della serie «basta notizie cattive, date più buone notizie». Vergognatevi, scrivono i lettori: al mondo cè tanto bene, bisogna solo raccontarlo, invece siete sempre lì a rimestare nelle brutture per vendere qualche copia in più...
C'è poco da discutere: tra le brutture del mondo, il delitto di Catania è una delle più brutte. Il marito che ammazza la moglie in un modo tanto feroce, ma soprattutto sotto gli occhi del figlio. Certo si potrebbero evitare i dettagli, come no. Ma la storia sfumerebbe via nella sua tremenda normalità, tra i sempre più numerosi delitti domestici, se non cogliessimo appieno che cosa davvero, improvvisamente, passa sotto gli occhi e nel cuore acerbo di questo ragazzino, in una giornata qualunque della sua giovane vita.
Che suo padre e sua madre non filassero via in romantica armonia probabilmente l'aveva intuito. Da due mesi non andava più a scuola, s'era ritrovato pure una lieve balbuzie. Ma è davanti alla tragedia immane dell'omicidio, che il suo mondo esplode definitivamente in frantumi. Troppo difficile ricomporlo. Eppure lui ci prova subito: la prima cosa da fare, la prima a venirgli in mente, è salvare almeno quel che resta. Le due sorelline. Le amatissime sorelline che tutte le mattine serve di cornetti caldi, scendendo personalmente a comprarli nel bar sottocasa. L'unico modo perché non vada in frantumi anche quel che resta è lasciare a loro due un papà. Il tentativo è disperato, patetico, inutile, ma in qualche modo immensamente eroico: si prende sulle spalle il delitto, diventa volontariamente assassino della mamma, si offre al carcere. Purché nessuno si porti via papà, purché nessuno vada a strappare dalla loro casa le sorelle, per destinarle a chissà quale sordido istituto, a chissà quale domani di angoscia. Lasciamo che resti in piedi almeno qualche pezzo, di questa famiglia alla deriva. Pago io, ma teniamola in piedi.
Sarebbe facile e persino consolante, adesso, rileggere nel generoso sacrificio del ragazzino i tratti e i toni, i tumulti e le atmosfere, dei Dickens, degli Hugo, dei Collodi. Ma è fuori luogo. Non ha senso. Non ci si può gingillare nell'accademia davanti a un simile fatto della vita. Questo ragazzino è un personaggio verissimo dell'Italia reale, cresciuto in una famiglia verissima di una città reale. Merita solo una grande compassione. Una sincera pietà. Quel genere di sentimenti nobili, i più nobili di tutti, che solo le formali consuetudini degli uomini hanno trasformato in vuoto pietismo di maniera, tra superiore e inferiore.
Se poi più avanti, quando questo delitto si trasformerà in una vita d'inferno, quando davvero le sue sorelle rischieranno di finire fuori casa, qualcuno riuscirà pure a dargli una mano, a stargli vicino davvero, dopo la notizia truculenta avremo anche la buona notizia.
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