da Roma
Il copione, apparentemente scontato, delle nomine Rai si ravviva dimprovviso. Il colpo di scena a Viale Mazzini si concretizza attorno allora di pranzo: il nuovo presidente della Rai indicato dal Tesoro non è, come suggerivano le indiscrezioni, il diessino Claudio Petruccioli, ma - a sorpresa - Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato. È lui, insieme ad Angelo Maria Petroni (già consigliere nella precedente stagione del governo Rai), uno dei due consiglieri designati dal dicastero, principale azionista dellazienda.
La mossa che spariglia le carte è tutta farina del sacco del governo. Tantè che la candidatura-Monorchio si infrange subito sulle resistenze e sul muro di «no» che viene prontamente eretto dallUnione. «Non lo voteremo» dicono allunisono i partiti del centrosinistra. Bocciandone di fatto la candidatura visto che il presidente della Rai deve essere «confermato» dalla Commissione di Vigilanza con i due terzi dei voti. In serata si passa dalle parole ai fatti: laffossamento di Monorchio va in scena con 20 schede contrarie, 12 favorevoli e una scheda bianca (tra le proteste di Sandro Curzi per il quale il parlamentino di Palazzo San Macuto non può esprimersi fino al momento dellinsediamento del presidente designato). Una decisione, spiegano i leader del centrosinistra, che non è un giudizio negativo sulla persona ma sulle modalità della scelta. Le motivazioni vengono esposte in un documento a firma di tutta lUnione, e che il diessino Luciano Violante sintetizza così: «Rispetto per la persona Monorchio. Ma il metodo è inaccettabile».
Il riferimento è alla rottura delle trattative tra maggioranza e opposizione che stavano discutendo insieme della nomina di Petruccioli (attuale presidente della commissione di Vigilanza). Segnali di incomprensione, in questo senso, erano già stati messi nero su bianco da lunedì. Quando ancora circolava con insistenza il nome dellesponente liberale della Quercia, Romano Prodi aveva attaccato duramente la Cdl, accusandola di non accettare la concertazione sul nome del direttore generale. Una sortita da molti interpretata come un semaforo rosso rispetto alla possibilità di un accordo. Quanto al candidato «bruciato», interpellato dai cronisti su un presunto blitz ai suoi danni, Petruccioli risponde così: «Questa non è una domanda da fare a me, ma ai dirigenti politici». Aggiungendo che, come presidente della Vigilanza, «il mio compito è quello di garantire la correttezza delle procedure». Petruccioli si lascia però scappare una battuta al vetriolo: «Chi ve lha detto che quello fregato sono io? Secondo me hanno fregato Monorchio».
Sullaltro fronte Mario Landolfi, ministro delle Comunicazioni, (che il 27 maggio scorso aveva lanciato lallarme sul rischio di uno stallo) si dichiara entusiasta della soluzione Monorchio: «Una scelta felice, incontestabile e di garanzia». Liquidando il «no» sulla sua candidatura come «un regolamento di conti della sinistra». LUdc, con Antonio Iervolino e Pippo Gianni, sottolinea che la Rai «non merita una paralisi politica incomprensibile». Per An parla Alessio Butti, responsabile Informazione, che punta il dito contro le tante divisioni del centrosinistra. «Che la frattura in seno al centrosinistra - argomenta Butti - non si limiti solo alla voglia di autonomia di Rutelli è un fatto assodato. La Sinistra ha lavorato per abbattere lipotesi di Petruccioli presidente, ma non pare paga in quanto ora prosegue sulla strada della logica arrogante dei veti. Daltra parte DAlema lha detto con chiarezza: non vogliono un presidente di garanzia, vogliono un presidente targato sinistra». Ignazio La Russa, invece, invita lUnione a fare una proposta credibile. «Monorchio è un nome che merita rispetto. Se lUnione non lo vuole, allora siano loro a fare un altro nome che possa andare bene a tutti». Un concetto ripreso anche dal leghista Davide Caparini. «Il problema - spiega - è tutto della sinistra. Rutelli e Prodi si parlino. Noi abbiamo proposto una figura inattaccabile come Monorchio».
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