Alessandro GnocchiMario Palmaro
Dopo aver visto in tv Chiara e Francesco, ne siamo più che mai convinti: proponiamo una moratoria di almeno dieci anni per le fiction dedicate ai santi. Anche Francesco dAssisi è caduto vittima di questa alchimia mediatica, che trasforma il sale del Vangelo in zucchero ecumenico, il fuoco della vocazione in brodino caldo filantropico.
Lo sceneggiato della Lux Vide era cominciato benino con unonesta rievocazione della vita del Poverello di Assisi. Fintantoché agli sceneggiatori non è saltato in mente di dedicare un terzo del tempo a loro disposizione alle Crociate. E qui è accaduto il fattaccio. Francesco va in Egitto per parlare con il Sultano, e chi trova a dar scandalo? Un cardinale guerrafondaio, armato fino ai denti, che pare appena uscito dalla marcia su Roma. Tutto vestito di nero, mascella volitiva, sguardo magnetico da «querciolo di Romagna», al prelato manca solo il balcone di Palazzo Venezia. Naturalmente spiega a Francesco che a lui la pace non interessa nulla, vuole vincere punto e basta. Come dire, è sempre «lora delle decisioni irrevocabili». E Francesco, invece di fare il bravo balilla, obietta che i Saraceni «credono nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe».
Ora, nessun uomo del Medioevo avrebbe mai potuto proferire un concetto del genere, perché un cristiano del Duecento non avrebbe mai detto che «i musulmani credono nel nostro stesso Dio»: e, a rigor di logica, non dovrebbe dirlo neanche oggi. In ogni caso, quando il vero Francesco andò dal Sultano, nel 1219, gli disse parole ben diverse: «I cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete».
Nella fiction della Rai, invece, quando il Sultano rimprovera il Poverello perché i cristiani hanno mosso guerra, lui non sa far di meglio che chiedergli scusa. Di più: si mette a trattare una spartizione della Terra Santa, neanche fosse il precursore della Comunità di SantEgidio.
Risultato: lo spettatore meno avvertito ne ricava che cristiani e musulmani avrebbero potuto vivere tranquillamente in pace, nel pieno rispetto della convenzione di Ginevra, se non fosse stato per quei cattivoni dei crociati.
In queste fiction dei giorni nostri, i protagonisti sono letteralmente sradicati dalla mentalità del loro tempo e ragionano come un uomo del Terzo millennio, imbevuto di politically correct. Nella fiction della Lux Vide, accanto ai «buoni» Francesco e Chiara si muovono schiere di vescovi e cardinali cattivissimi. In questo modo, la santità diventa davvero un miracolo inspiegabile, perché non si riesce a capire come una specie di associazione a delinquere quale appare la Chiesa del passato riesca poi a produrre figure di eccelsa moralità come un Francesco o una Chiara dAssisi.
È la fiction, bellezza. Questi lavori, anche quando sono prodotti da cattolici come i fratelli Bernabei della Lux, non hanno nessuna intenzione di descrivere chi veramente fu un certo santo del passato. Preferiscono confezionare un fantoccio imbottito dei buoni sentimenti, della mentalità e dei luoghi comuni del tempo presente.
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