Ramadan, un business per 1.600 aziende islamiche

Penati: «Chiediamo il rispetto della nostra cultura, come noi facciamo con la loro»

Sostenere che il Ramadan sia un business non è affatto un’esagerazione. Sono infatti milleseicento le ditte registrate alla Camera di Commercio con titolare musulmano che traggono benefici economici dal mese del digiuno e dell’espiazione. Milleseicento aziende che vendono abiti, dolci, lanterne e giocattoli, «con ritmi rallentati per il digiuno e gli impegni religiosi ma in un clima di festa».
A rivelarlo è una ricerca firmata dalla Camera di commercio, che pure fotografa le zone cittadine dove maggiormente si concentrano queste ditte al lavoro per la festa del Ramadan. Società (133 sulle 878 presenti in città) che soprattutto operano in zona nord-est, intorno a viale Monza, via Pasteur e via Padova. Altro nucleo forte sono le strade adiacenti (con 45 ditte) a piazzale Stuparich e via Rubens e, infine, (con 38 imprese) quelle intorno alla Stazione Centrale.
Ma, avverte la Camera di commercio, se si considerano tutti i settori in totale sono oltre novemila le imprese spalmate su Milano con un titolare proveniente da Paesi musulmani, quasi la metà delle ditte extracomunitarie complessive a Milano e Provincia. E, attenzione, all’ombra della Madonnina a guidare la classifica dell’imprenditoria straniera sono gli egiziani: sì, sono loro a fare la voce grossa, con poco meno di quattromila imprese sul totale delle società extracomunitarie. Al secondo posto ci sono i cinesi con poco più di duemila aziende e terzi, con millesettecento imprese i marocchini seguiti poi da peruviani e senegalesi. Analisi a colpi di percentuali e di numeri per le novemila società che darebbero lavoro a circa quindicimila persone, di cui duemilanovecento italiane.
Segnale anche questo di un’integrazione con la caratteristica apertura milanese al mondo esterno e internazionale che è giudicato positivamente perché, annotano gli esperti, l’immigrato «vuole inserirsi e fare impresa». Salto di qualità e di crescita rispetto pure alle ditte individuali milanesi e alle imprese in totale che, per gli amanti della statistica, offriamo pure suddiviso per settori: 4.299 ditte individuali (32,5 per cento), seguito dalle costruzioni (23,2), dalle attività manifatturiere (13,8), dai trasporti (8,4) e da alberghi e ristoranti (3,7). Identikt dell’imprenditore immigrato che trova conferma pure all’anagrafe di Palazzo Marino, dove (dati 2005) sono gli egiziani (20.640) a guidare la classifica su 161 etnie registrate a Milano, seguiti a ruota da peruviani (13.621), e cinesi (12.871). Classifica che quindi supporta la forte crescita nel tempo dell’imprenditoria etnica: dal 1995 al 2006 le ditte individuali con titolare extracomunitario sono cresciute al ritmo del 26 per cento annuo.
E questo dato si ripercuote anche su quelle guidate da un titolare musulmano: ditte che sanno approfittare del Ramadan per trarre benefici economici in una Milano dove, secondo gli imam, si è registrata la più alta partecipazione d’Italia alle celebrazioni (8mila fedeli al PalaSesto, altri 2-3mila al Vigorelli, qualche migliaio in viale Jenner, il centro finito sotto inchiesta per il terrorismo internazionale).

Il commento finale è di Filippo Penati: «È giusto chiedere a coloro che stanno nel nostro Paese di avere un rispetto per le nostre condizioni religiose e per la nostra cultura pari a quello che noi abbiamo nei loro confronti - dice il presidente della Provincia -. In questo la comunità italiana deve trovare maggiore unità».

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