Mentre le agenzie battevano la notizia che Paolo Biasi, presidente di Cariverona, primo azionista italiano di Unicredit, veniva indagato nell’ambito di un’inchiesta sul fallimento di una società del suo gruppo, al comitato governance di piazza Cordusio si misuravano ufficialmente l’ad Alessandro Profumo e il presidente Dieter Rampl. Il clima della discussione del comitato (oltre a presidente e ad, c’erano i tre vicepresidenti Luigi Castelletti, Vincenzo Calandra Bonaura e Fabrizio Palenzona, e i consiglieri Francesco Giacomin e Luigi Maramotti) non è stato proprio dei migliori. Rampl è infuriato con Profumo per aver saputo dell’ultimo investimento libico dai giornali. Profumo risponde che un ad non è tenuto a valicare i limiti di riservatezza indicati dal Testo unico della finanza. Se alla vigilia la frase più benevola che circolava era: «O fa un passo indietro uno, o fa un passo indietro l’altro», ci si può immaginare quali (educate) scintille abbiano aleggiato nell’incontro tra i due. Il dibattito è stato tecnico, soprattutto sui quesiti posti dalla Banca d’Italia a proposito di possibili contraccolpi sulla governance del gruppo. Via Nazionale ha inviato una lettera alla quale sarà data risposta dopo gli opportuni approfondimenti. A Rampl è stato dato il mandato di indagare sulla «scalatina» di Tripoli. Ci si può chiedere, visto il dualismo del momento: una delega all’uno è uno schiaffo per l’altro? In realtà, si cerca di smorzare dall’interno, Rampl è presidente sia del cda che del comitato. Non poteva andare diversamente. La riunione di quasi tre ore è stata è stata comunque interlocutoria. Tutto è stato rinviato al consiglio del 30 settembre: i risultati degli approfondimenti saranno portati in quella sede (si è deciso anche di chiedere un parere legale), e sarà il cda a deliberare i termini della risposta alla Banca d’Italia. Quest’ultima - dopo l’acquisto del 2,07% da parte del fondo Libyan Investment Authority, quando già la Banca centrale libica possiede il 4,98% del capitale - chiede di sapere se ci possano essere modifiche alla governance. Che non significa solo possibili ingressi in cda, ma anche eventuali nuove norme statutarie al servizio dei diritti degli azionisti.
Tornando a Biasi, a chiamarlo in causa sono le vicende legate a una società abruzzese, la Bluterma, che faceva parte del gruppo Biasi ed è stata dichiarata fallita nel maggio 2008.
PStef
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