Rampulla: «Gianluca tornerà in piedi la fede in Dio lo aiuterà»

L’ex portiere della Juventus: «È come un fratello. Gli avevo parlato la sera prima, nulla faceva prevedere una decisione così drammatica»

Nino Materi

Quando giocavano titolari i loro nomi erano sempre vicini: «Rampulla, Torricelli, Pessotto...»; ma anche quando erano in panchina l’altoparlante annunciava: «A disposizione per la Juventus: Rampulla, Pessotto, Amoruso...».
«Io in panchina ci andavo quasi sempre, Pessotto quasi mai», ricorda con la voce triste Michelangelo Rampulla, il «dodicesimo» che - come è gia accaduto con Luciano Bodini - i tifosi bianconeri amano più di tanti «numeri uno».
«Quando “Pesso” arrivò nel ’95 alla Juve, io ero qui già da qualche stagione. Non ci mise molto a diventare un punto di riferimento per tutti».
Con Rampulla, ora responsabile del coordinamento dei club juventini e degli allenatori dei portieri bianconeri, nacque subito una bella amicizia: «Non solo con me. Ogni compagno di squadra lo ammirava per la serietà e l’impegno. Stimato dai dirigenti e amato dai tifosi».
Nonostante quel carattere un po’ taciturno e quel sorriso un po’ triste: «Quando c’era da scherzare non si tirava indietro, ma Gianluca non era tipo che faceva i gavettoni negli spogliatoi...». Proprio come Rampulla, che sa essere simpatico rimanendo una persona fondamentalmente seria, uno che difficilmente «sbraca» anche quando è circondato in tv da opinionisti alquanto pittoreschi.
«Il paragone con Gianluca mi onora, lo considero un fratello. Spero che questo brutto incubo si concluda presto».
E magari si possa tornare a fare le vacanze insieme. «L’ultima volta eravamo partiti per Londra con le rispettive famiglie, era Natale di due anni fa...».
Da allora sono cambiate fante cose. «Lui ha deciso di chiudere col calcio, ma non appariva particolarmente turbato. Ha una bella famiglia, una moglie che adora, due figlie splendide. E poi è un uomo di fede...».
La stessa fede che lo ha portato a gettarsi nel vuoto stringendo un rosario tra le mani. «Ho letto anch’io sui giornali questo particolare del rosario, ma non so neppure se corrisponda al vero. Di vero c’è che Gianluca credeva in Dio, e Dio lo aiuterà a rimettersi in piedi. Con Pessotto ci eravamo parlati la sera prima e nulla faceva prevedere ciò che è avvenuto la mattina dopo».
Un dramma che ha colpito l’Italia, lei è stato tra i primi a correre in ospedale. «Quando mi hanno informato della tragedia, le mie uniche tre parole sono state: “Non è possibile”». E invece le cose stavano davvero così. «Qualche giorno prima aveva fatto visita ai colleghi della nazionale, baci e abbracci con Lippi, Cannavaro, Ferrara, Del Piero. Nessuna ombra di depressione».
Si è detto che Pessotto volesse continuare a giocare. «Noi calciatori tendiamo sempre a rinviare questa decisione di anno in anno, ma lui ci aveva pensato bene. Non aveva rimpianti». E lo stress per il nuovo lavoro di team manager? «Era perfetto per lui, l’anello di congiunzione tra calciatori e società». Dissapori familiari? «A me non risultano». E allora che idea si è fatto? «Ma chi l’ha detto che bisogna per forza avere un’idea? Certe situazioni possono anche nascere senza un perché. Quando Gianluca si riprenderà, se vorrà, ci spiegherà qualcosa in più».


Rampulla ha organizzato per domani l’adunata «La Juve siamo noi»: ancora non si sa quanta gente risponderà all’appello dei Drughi e del Centro Coordinamento Club, ma tra gli juventini che si troveranno alle 12, in piazzale Caio Mario, sicuramente non mancheranno gli striscioni dedicati a Pessotto.
Gianluca all’ospedale «Le Molinette» ha ancora gli occhi chiusi, ma li leggerà col cuore.

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