Dal rapimento dell’imam all’arresto dei nostri 007

Il prelevamento dell'imam Abu Omar a Milano, il suo trasferimento ad Aviano e poi al Cairo. E poi l'inchiesta della magistratura. Il ruolo della Cia e del Sismi. Ecco le principali tappe della vicenda. Il 17 febbraio del 2003 scompare nel nulla Hassan Mostafa Osama Nasr detto Abu Omar, cittadino egiziano. L'ex imam della moschea milanese di via Quaranta e del centro di cultura islamica di viale Jenner sarebbe stato caricato su un furgone e portato nella base militare Usa di Aviano per poi essere trasferito in un carcere egiziano dove sarebbe stato torturato. Abu Omar era sotto indagine dall'11 febbraio del 2002, il reato contestato era l’associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale. L'indagine aperta dalla procura milanese - sulla base di testimonianze e intercettazioni - individua in alcuni agenti della Cia gli autori del rapimento dell'imam. Nel gennaio del 2004 l’allora ministro dei Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi sostiene in Aula che «i nostri servizi segreti non erano a conoscenza dell'operazione». Il 25 giugno del 2005 il gip milanese Chiara Nobili accoglie parzialmente le richieste di arresto nei confronti di 22 agenti della Cia accusati di aver portato a termine una «forcible abduction».

Il 12 aprile del 2006 l’allora ministro della Giustizia Roberto Castelli rende nota la sua decisione di chiedere agli Usa l’estradizione degli agenti Cia indagati a Milano. Il 5 luglio vengono arrestati i due alti dirigenti del Sismi, Marco Mancini e Gustavo Pignero, da poco rilasciati.

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