Rapporto Mediobanca Borsa avara: dal 1928 ha reso l’1% annuo, ma con un rischio del 3%

È quasi un luogo comune affermare che chi investe in Borsa deve prepararsi ad orizzonti di tempo lunghi, perché storicamente il mercato premia. Sembra quasi un fulmine a ciel sereno, quindi, scoprire che chi ha investito nella Borsa italiana il 2 gennaio del 1928, ha dovuto reimpiegare totalmente i dividendi percepiti solo per mantenere il potere di acquisto iniziale del capitale: se invece il nostro ipotetico investitore avesse deciso di consumare tutti i suoi dividendi, si ritroverebbe ora, dopo 81 anni e 4 mesi, con un capitale dal potere d’acquisto decurtato di oltre l’85 per cento.
È questo il risultato di un’indagine dell’Ufficio studi di Mediobanca, che ha ricostruito la serie storica dell’indice borsistico dalla vigilia della Grande Crisi ad oggi, scoprendo che il rendimento medio annuale reale si attesta all’1%, ma solo nell’ipotesi di un totale reinvestimento dei dividendi. E se è vero che l’alea connessa alla variabilità dei corsi di Borsa si attenua man mano che aumenta l’orizzonte temporale dell’investimento, tuttavia lo studio mostra che, anche su un periodo di 30 o 40 anni, rimane il rischio di una perdita annua tra il 3 e il 4 per cento.

Una percentuale ritenuta alta, se si confronta, ad esempio, con gli Stati Uniti, dove non è mai accaduto che un investimento in azioni abbia reso negativamente in termini reali per un orizzonte di più di 16 anni, o con Londra, dove il limite è leggermente più elevato, 22 anni.

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