Raptus del papà di Omar, botte a un militare

Dieci anni insieme, uniti nell’attesa di ritrovare un figlio finito in galera imberbe e uscito quasi uomo. Alla fine, quando la tempesta del dolore, dell’umiliazione e dell’angoscia sembrava passata, qualcosa da seppellire nell’angolo più recondito dell’anima, la coppia è saltata. Come se un tacito patto di solidarietà e di mutua assistenza, a questo punto fosse finito. Sempre nell’ombra Maurizio Favaro, oggi 51 anni e Patrizia. Con uno scopo: Omar, quell’ex bambino da salvare. Lui è ormai libero da un anno e mezzo. I suoi genitori no. Prigionieri di una storia capace di sbriciolare più di una vita, rinchiusi nella solitudine e forse nella disperazione. Sangue, violenza, fughe, la voglia di sparire ma anche di ricominciare. Tutto fallito. Mentre Omar, dieci anni dopo quel massacro a Novi Ligure - strano toponimo per una cittadella che sta in Piemonte - cerca ancora Erika. Un tempo era bionda, slavata, adesso si è fatta mora. E rifiuta quel suo ex fidanzatino insieme al quale massacrò in una nebbiosa notte di febbraio madre e fratellino.
Lui spera ancora di rivederla, lo ha detto a giornali e tv: «Voglio che ci guardiamo negli occhi e che tu mi spieghi perché mi odi tanto». Lei ha risposto algida e lontana, vergando una lettera dalla comunità di don Mazzi dove sta terminando di scontare il fio: «Non ho la più pallida idea di come tu faccia ad avere tutta questa fama e popolarità». Invitandolo poi a smetterla di costruire «teatrini» e accusandolo di aver cercato solo pubblicità raccontando ai cronisti di essere andato a pregare al cimitero dove sono sepolti sua mamma, Susi Cassini, e il fratellino, Gianluca.
In città, a Novi, si vocifera che il papà di Erika, l’ingegnere dei dolciumi Francesco De Nardo, perdonando quella sua figlia che gli aveva massacrato moglie e figlioletto, nel frattempo si sia rifatto una vita. Che abbia trovato una nuova compagna.
Maurizio Favaro, il padre di Omar, segna l’altra faccia della medaglia. La sua donna, la madre di suo figlio, lo ha lasciato. Erano andati peregrinando di volta in volta vicino alle prigioni dove veniva trasferito il loro «bambino». passando per Alessandria, poi Acqui Terme, pochi chilometri dal carcere di Asti. Vivevano in centro, avevano aperto un bar. Maurizio è ancora lì; Patrizia ha deciso di tornare a Novi. Tra venerdì e sabato notte lui l’ha raggiunta nella casa di via Pietro Isola. Forse voleva convincerla a tornare. Ne è nato un diverbio, un litigio tanto furibondo da spingere i vicini a chiamare il 113. Maurizio Favaro era in mezzo alla strada quando i carabinieri sono arrivati. Solo, disperato, arrabbiato. Ha colpito addirittura un militare con un pugno, rompendogli un labbro. Non l’hanno arrestato. Ma portato in ospedale.
Si potrebbe liquidare tutto dicendo: crisi di nervi. Invece proprio lui ha chiesto di essere trattenuto. Nel reparto di pschiatria. Ci è rimasto per un paio di giorni, poi così come era venuto, solo e forse senza più sogni, se ne andato.


Rivedendo Omar, assassino trasformato in semidivo dalla morbosa curiosità mediatica, davvero vale spendere un pensiero per quest’uomo di cui sulla stampa non s’è mai vista una foto. Silenzioso, schivo, pudico. Suo figlio ha 28 anni. Dopo nove di galera giura che non «potrà mai dimenticare ciò che ha fatto». Forse sta scordando il presente.

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