Ray Charles e Johnny Cash che magia scoprire il duetto dei morti viventi

È tempo di duetti a sorpresa. Dopo la commovente riunione di Elton John con il suo antico idolo (oggi ridotto quasi alla fame) Leon Russell nello splendido album The Union, eccone un’altra ancor più inattesa e preziosa: e soprattutto virtuale. Da un deposito di stoccaggio di New York sbuca il nastro di un incontro canoro fra «il genio» del soul Ray Charles e il «fuorilegge» della musica country Johnny Cash. Due miti scomparsi, due «morti viventi» che hanno fatto la storia della musica americana, incrociano le voci nella melanconica ballata gospel Why Me Lord di Kris Kristofferson. Il brano - con il contrasto tra il bruciante baritono di Charles e la grezza voce cupa di Cash - è la perla del disco Ray Rare Genius. The Undiscovered Masters, raccolta di inediti di Charles in uscita mercoledì prossimo. Charles e Cash hanno molte cose in comune, dal successo straripante alla vita su entrambi i versanti del confine che separa la dannazione dalla salvezza (le droghe e gli eccessi del sabato sera e la redenzione dell’anima in chiesa la domenica mattina) e tra l’altro Ray ha interpretato magnifiche pagine country.
I due si sono incontrati in uno show televisivo prima nel 1970 e poi nell’81; nella seconda occasione incisero il brano che però non venne mai alla luce, nonostante le buone intenzioni della coppia. Nel libretto del cd c’è una lettera scritta a mano da Cash che dice: «Sono felice che esca il nostro disco. Ho pregato 25 anni per questo...Ti accludo l’assegno di 10mila dollari che avevi chiesto...e spero che lavoreremo presto ancora insieme». Ma non accadde nulla, e meno male che il produttore John Burk s’è messo a scavare negli archivi della Rpm di Los Angeles recuperando valanghe di nastri dimenticati. Charles viveva per la musica e nel tempo libero ha lasciato decine di brani incompiuti. «Abbiamo trovato centinaia e centinaia di registrazioni di Ray degli anni ’70, ’80 e ’90; tutta roba di alto livello, è stato difficile scegliere, ma abbiamo usato il criterio dell’omogeneità, come se fossero pezzi scritti per un nuovo cd di Ray Charles».
Rare Genius è un bel disco di veri inediti (il che non capita spesso), ma stavolta il repertorio non esplora l’intero ventaglio della tradizione afroamericana e dintorni; è più che altro una raccolta di soul ballad molto arrangiate, swinganti e jazzate. Brani come Love’s Gonna Bite You Back, vivaci e frizzanti, sono stati ritoccati poco o nulla (tanto che non si sa neppure chi siano i musicisti che vi suonano); pezzi come Wheel of Fortune e There’ll Be Some Changes Made sono stati giocoforza riarrangiati con l’aggiunta di tanti (spesso troppi)artisti tra cui il bluesman Keb’ Mo. Tra le cose migliori la lenta ballata swing lenta It Hurts to Be In Love (uno dei primi inediti ritrovati e uno dei pochi già noti nella versione dal viv, è una hit del 1957 della cantante di r’n’b Anne Laurie) e il country di Hank Cochran A Little Bitty Tear.

«Questa è farina del sacco di Ray - dice Burk - è un disco suo, non ci saremmo mai permessi di prendere delle libertà con le sue canzoni: ma ovviamente abbiamo dovuto arrangiare quelle che erano incompiute». Con qualche fronzolo di troppo, l’album è il dinamico ritratto di uno dei re della black music, pioniere di quella contaminazione tra generi su cui oggi campano furbescamente tante (vere o presunte) superstar.

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