Politica

«Re Giorgio» conquista Londra per un giorno

Daniela Fedi

da Londra

Nella Londra blindata e multirazziale, Armani lancia un vero e proprio Live Aid della moda. Può essere definito anche così lo straordinario evento «One night only» che ieri sera ha radunato star come Bono, Leonardo Di Caprio, Andrea Bocelli, Bryan Ferry, Beyoncè e Ashley Judd in un complesso meccanismo di moda, spettacolo, riflessione e solidarietà. Sul gigantesco palcoscenico di Earl’s Court (l’ex capannone industriale in cui si sono esibiti per l’ultima volta i Pink Floyd) sono state presentate quattro collezioni disegnate dallo stilista più famoso del mondo tra cui quella etichettata (Emporio Armani) Red che aderisce a (Product) Red, l’iniziativa lanciata da Bono e Bobby Shriver per raccogliere fondi dal settore privato (gli altri marchi coinvolti sono Motorola, American Express, Converse e Gap) e destinarli al Global Fund che lotta contro l’Aids in Africa.
«Il 40% delle vendite di questi prodotti verrà versato per questo scopo» ha spiegato Armani senza dire che il suo investimento per la serata si aggira sui due milioni di euro. Così oltre alle quattro sfilate intervallate dalle esibizioni degli artisti, ci sono stati interventi per sottolineare l’importanza dell’impegno individuale. Sui 120 tavoli apparecchiati nella sala tutta blu a cui si accedeva da una scenografica scala mobile rossa, i 2000 invitati (tra cui Laura Parker-Bowles figlia di Camilla, Raul Bova, i coniugi Shevchenko, Elle Macpherson e un esercito di vip inglesi) hanno trovato un telefonino per mandare una testimonianza via sms. I messaggi trasmessi in diretta sui megaschermi si alternavano con quelli registrati da Penelope Cruz, Sean Penn e il rapper Husher. Uno spettacolo multimediale prodotto per la televisione dalla Endemol International e già venduto a oltre 20 nazioni. Armani come Bob Geldof? «Non scherziamo - dice - mi limito a espormi in prima persona perché so di poterlo fare e questa è una causa importante. Certo mi piacerebbe produrre un film sulla moda per raccontare finalmente la verità su questo mondo troppo spesso giudicato con superficialità. Comunque il mio mestiere è far vestiti, il mio dovere è farli vedere al meglio».
Viste le dimensioni della sala era difficile leggere tutti i dettagli della sua moda che è sempre figlia di grandi ragionamenti: la bellezza intesa come necessità, il rispetto per le donne in particolare e per i consumatori in generale, l’eleganza davvero. Ma anche da lontano s’intuiva la felice novità della collezione Emporio per la prossima primavera-estate: un inno al corto che più corto non si può, una sterzata decisa verso quello stile detto Ladylike, termine accattivante ma in questo caso riduttivo perché Armani non si limita a vestire le giovani donne «come una signora». Infatti i seducenti cappellini a cupola e a pagoda come le splendide scarpe dalle altissime zeppe di paglia sagomate però come vere e proprie sculture per piedi, erano solo la leziosa punteggiatura di un tema svolto con impeccabile rigore sulla raffinatezza dell’orientalismo degli anni tra il Trenta e il Quaranta.
Del resto lo stilista-imprenditore non perde mai un colpo e ha organizzato una serie di appuntamenti che hanno travolto la capitale britannica. Ha aperto due nuovi negozi (il primo Armani Casa di Londra e quello per le Collezioni) inaugurando poi la boutique Emporio di Brompton road rinnovata da un progetto curato con l’architetto Luca Frezza. Poi ha collaborato come giornalista e art director all’edizione straordinaria dell’Independent in edicola ieri con una fulminante immagine di Kate Moss trasformata in una donna di colore. «Mi è sembrato giusto sceglierla come simbolo dell’Africa che non vuole morire perché la sua storia è un vero miracolo: poteva avere un crollo totale e invece è ancora la top model più famosa del mondo» afferma spiegando poi di essersi molto divertito durante la riunione in redazione. «Adesso capisco perché son stati fatti tanti film sul giornalismo: è uno dei mestieri più intriganti che ci siano». Dopo l’Armani produttore potremmo quindi avere un Armani direttore che boccia tutti gli articoli in cui non si parla abbastanza bene di lui? «Impossibile - risponde - amo troppo il mio lavoro, è bello come andare al cinema. So bene che il futuro mi compete solo per alcuni anni: nella vita ci vuole senso del grottesco e a 80 anni non puoi stare in passerella. Ricevo grandi e stimolantissime offerte di acquisto del mio gruppo. Non ho ancora deciso cosa farò, ma di sicuro sto lavorando perché questa azienda vada avanti nel migliore dei modi anche quando io sarò in vacanza a godermi il frutto di tanto lavoro». A questo punto sarebbe stato bello trovare un modo per cantare il britannico inno God save the Queen mettendo «Re Giorgio» al posto della regina. Ma Armani non ci sta.

E afferma di adorare Elisabetta II: «Ha una grande dignità con i suoi completi mauve, i cappellini, le mollette nei capelli e il difficile entourage che si ritrova a gestire da una vita».

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