Controcultura

Il "Reality" show del disfacimento sociale

Nella Milano fulminata dal lockdown si aggira "un manichino minato dalla bronchite acuta e dall'insufficienza morale", Giuseppe Genna.

Il "Reality" show del disfacimento sociale

Nella Milano fulminata dal lockdown si aggira «un manichino minato dalla bronchite acuta e dall'insufficienza morale», Giuseppe Genna. Catarroso, forse infetto, schiva vecchie sciure recalcitranti alle mascherine che urlano parolacce ai poliziotti, gli stessi che ostentano scetticismo di fronte alla sua missione testimoniale («mi chiedono il lavoro e io dico lo scrittore e loro rispondono che non è un lavoro ufficiale»). Allungata una banconota all'infermiere, riesce a penetrare, taccuino alla mano, nella versione aggiornata del lazzaretto, fra tubi di silicone e tute antisettiche dalle quali è pericoloso uscire: «svestirsi è più rischioso: i dispositivi sono infetti e le procedure non le ricordi perché non sei lucido per via della stanchezza».

La sequenza di luoghi distopici è animata da una teoria di figure deliranti la cui lente deformata consente di allucinare l'incubo di una nazione alla quale per alcuni mesi, con le migliori intenzioni, è stato impedito di vivere. Un malato scappa dal reparto di terapia intensiva in pigiama, riuscendo a raggiungere una stazione della metropolitana; un ex professore di liceo diventato un barbone scodella una visione profetica dopo l'altra in un parco prima frequentato da tossicodipendenti e ora deserto; uno stilista di successo vorrebbe offrire vestiti ai morti cinesi, per beneficenza. Non manca il più classico agente dei servizi segreti, innamorato del golpe: «il colpo di Stato è la funzione principale dello Stato. I civili sono dei cretini, non sanno niente di come vanno le cose».

Come in alcuni celebri romanzi sulla peste, da Defoe a Camus, la cronaca del contagio è scandita dal binario dei giorni del calendario e del numero dei morti. Il titolo dell'opera, Reality (Rizzoli) mette il critico sulla buona strada: «Non è possibile essere giornalistici, il cronachismo intorbida». Reality è dunque un instant book, ma l'ipotesi di opportunismo non sfiora mai il lettore: la metafora epidemiologica è sempre stata centrale nell'autore, al pari dell'ossessione apocalittica e del gusto macabro per la corruzione della carne.

Stando così le cose, la diffusione del Covid non rappresenta una novità o una sorpresa, semmai un'epifania o una Rivelazione e, per dirla tutta, l'epidemia di coronavirus e quel che ha causato nel mondo sembrano proprio usciti da un romanzo di Giuseppe Genna.

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