Le reazioni Il cordoglio del cinema Placido: «La sua scelta va rispettata»

Stupore, incredulità, sgomento. Da parte di tutti, anziani, giovani, giovanissimi. Tutti allo stesso modo. Sì, perché il novantacinquenne Mario Monicelli anche con i suoi film più vecchi parlava a tutti, indistintamente. I tutti che, anche su strumenti non usuali per il Maestro come Facebook e Twitter, piangono la sua tragica morte.
Si dice «attonito» il re giovane della commedia italiana, Carlo Verdone, che ha raccolto il testimone di uno degli attori più amati e che più hanno lavorato con Monicelli, Alberto Sordi: «È una notizia che mi intristisce molto. Era una persona stanca di vivere, probabilmente, che non sosteneva più la vecchiaia. L’ho apprezzato molto come grande osservatore e narratore, anche se a volte non condividevo il suo cinismo. Era gentile, cordiale, ma di poche parole. Un anno fa mi capitò di fargli gli auguri di Natale. Rimase sorpreso. Mi disse: “Gli auguri non li fa più nessuno”».
Sull’universalità dei film firmati da Monicelli nel corso della sua lunghissima carriera si sofferma il regista Carlo Lizzani, sgomento per la morte del Maestro. «Quello che fa capire – quale sia stata la statura di Mario Monicelli – dice commosso – è la sua durata nel tempo nella storia del cinema italiano, prima con Steno, poi durante il periodo di Fellini e Antonioni ha continuato la sua opera intervenendo anche sul tessuto sociale con film come “Compagni”. Insomma, è riuscito a stare al passo col tempo». Col tempo e con tutte le lingue del mondo: «Ho visto in cina con alcuni cinesi – ricorda ancora Lizzani – “Totò cerca casa”, ridevano a crepapelle, la sua era una comicità universale». Anche la scelta estrema del suicidio, per Lizzani, è in linea col personaggio: «Era un super-laico, uno che voleva gestire la sua vita fino in fondo, un gesto da lucidità giovane».
E dei giovani, del loro futuro, Monicelli si preoccupava. Alcuni mesi fa, a giugno, aveva presentato a Roma alla scuola di cinematografia Rossellini «La nuova armata Brancaleone», , un abbozzo di cortometraggio con titoli di coda scritto con Mimmo Calopresti. E aveva lanciato l’allarme sui pericoli dei tagli alla cultura.«Basito» il produttore Aurelio De Laurentiis: «Non tollerava l’idea di dipendere da qualcuno posso capirlo». Invoca il rispetto della scelta del suicidio l’attore e regista Michele Placido, tra i protagonisti di «Le rose del deserto», uno degli ultimi film di Monicelli, nel 2006. «Il suicidio non me l’aspettavo – dice Placido – ma bisogna rispettare questa sua decisione, Mario era uno che aveva insegnato a tutti il rispetto delle regole e della tolleranza e così se qualcuno gli avesse chiesto perché il suicidio avrebbe risposto: saranno pure i fatti miei. Era una persona di grande energia sul set e nessuno riusciva a stargli dietro».

Placido lo aveva sentito al telefono appena cinque giorni fa: «Lo avevo chiamato e mi aveva invitato a fare uno spettacolo per i terremotati de L’Aquila, perché lui era così, anche molto generoso».
Cordoglio anche da diversi esponenti del mondo politico.

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