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Redditi in calo, penalizzati giovani e ceto medio

Redditi in calo, penalizzati giovani e ceto medio

Segno positivo, per quanto modesto, dei redditi nominali, esattamente l’opposto per l’andamento di quelli reali. Le Acli provinciali di Milano, in collaborazione con il dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica, hanno fotografato la situazione del ceto medio sulla base delle dichiarazioni dei redditi presentate ai Caf nel periodo 2008-2011 nelle province di Milano e Monza Brianza. Quello che ne viene fuori è un settore in sofferenza dove, se la media dei redditi è passata da 25mila 293 euro del 2007, ai 25mila 935 del 2010 (incremento di 642 euro, pari al 2,54%), in termini reali si è registrata una perdita di valore d’acquisto a causa dell’inflazione mediamente di 779 euro (-2,91%).
Ricaduta della crisi che, tuttavia, non ha colpito allo stesso modo tutti i settori della popolazione: tra i giovani fino ai 29 anni, infatti, ma anche tra i 30 e i 39, non solo sono calati i redditi reali (rispettivamente -6,02% e 5,39%), ma anche quelli nominali (-0,74% e -0,007%). Anche i dati relativi al numero di rapporti di lavoro annuali sottolineano le difformità esistenti all’interno del mercato del lavoro: tra i giovani sino ai 29 anni, il 25,6% ha avuto più di un rapporto di lavoro durante l’anno, contro il 15,3% del dato medio. La categoria più penalizzata è risultata quella dei dipendenti e assimilati il cui potere d’acquisto è calato del 2,77%; meno negativa la situazione dei pensionati che a fine quadriennio (2007-2010) perdono in termini reali lo 0,66%.
Stando alla ricerca, le coppie monoreddito (-4,82%) hanno risentito della crisi più delle altre tipologie familiari; seguono i divorziati (-4,48%), i coniugi bireddito (-3,14%), i celibi e le nubili (-1,69%) e, infine, i vedovi (-0,89%). Si conferma, infine, il differenziale tra redditi maschili e femminili (in media nel 2010 le donne hanno dichiarato 9.083 euro in meno degli uomini). Gianni Bottalico, presidente delle Acli provinciali, parla di un «pericoloso impoverimento dei ceti intermedi», per ovviare al quale esistono quattro priorità sul piano nazionale: «l’economia, il lavoro, la rappresentanza e il welfare». Secondo Bottalico, infatti, «lo sforzo per il risanamento finanziario non può essere disgiunto dalla sostenibilità sociale ed economica delle misure adottate».

Il presidente delle Acli evoca, allora, la «giustizia nei processi economici», il riconoscimento della «sussidierietà e dei corpi sociali intermedi dei livelli di Governo più prossimi ai cittadini» quali sono Comuni e Province e avverte come «le politiche di smantellamento del welfare allontanino le prospettive di ripresa economica. Senza stato sociale - ha consluso - seppur riformulato in modo nuovo, non ci sarà via d’uscita dalla crisi».

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