La regina delle strade sterrate

da Milano

Non ci sono serie intenzioni di riportare la Lancia ai livelli sportivi degli anni ’80. Del resto già il fondatore Vincenzo, pilota di primo piano all’inizio del secolo scorso, era avverso a un impegno agonistico diretto (e dispendioso). Questa tendenza prosegue sino agli anni ’50 quando il figlio Gianni mette sulla piazza vetture di grande interesse che conquistano innumerevoli successi sportivi, prima l’Aurelia berlina, poi la coupé B20 vincente alla Targa Florio del 1952 e altre gare importanti. Spinto dalle affermazioni, l’ingegner Lancia, accelera il passo prima con la coupè D20, terza alla Mille Miglia 1953, poi con la D24 prima alla Targa Florio, al Gp di Lisbona, alla Carrera Panamerica 1953 e alla Mille Miglia 1954, meraviglie tecniche che entusiasmano ancor più il capo dell’azienda: si getta nella fornace delle Formula 1 che ha già messo sul lastrico parecchi costruttori.
In pochi mesi con Vittorio Jano, imposta una monoposto giudicata la più geniale e avanzata monoposto dell’epoca, ma la fortuna, il management della sua azienda, le banche voltano le spalle all’ingegnere. Muore anche il suo pilota di punta il campione del mondo Alberto Ascari che in due stagioni (1954 e 1955) ha cercato invano di battere le Mercedes. Gianni Lancia lascia le sue F1 a Ferrari insieme alla sua casa, ritirandosi in Brasile. Da allora di corse alla Lancia non se ne parla per otto anni, quando arrivano le trazioni anteriori.
Si comincia con una piccola squadra semiprivata con vetture Flaminia e Flavia che poi si trasforma in Reparto Corse ma è con un modello più specifico, la Fulvia HF 1600, che coglie importanti affermazioni (anche al Rallye di Montecarlo 1972). La progressione delle sportive Lancia continua: la Stratos a motore centrale, progettata per vincere i rally diventa l’arma imbattibile per aggiudicarsi i mondiali dal 1972 al 1977 e le gare più prestigiose (Montecarlo, Safari, Acropoli), lasciando a piloti come Munari, Biasion, Waldegaard, Darniche, il successo in 82 vittorie internazionali e 14 mondiali. Ma anche la Stratos va in pensione: la direzione Fiat punta sulla 131 Rallye e nel 1978 la «Squadra Unificata» regola l’attività delle due marche torinesi, privilegiando la maggior Casa italiana. Nel 1982 arriva la 037, vettura tradizionale con 4 cilindri sovralimentati posteriore che si oppone alla Audi quattro, vincendo il mondiale 1983, aprendo la strada alla Delta HF, nuova (e purtroppo anche ultima) arma per i rally.

La Delta integrale, nata dalla grande serie e abilmente trasformata in varie serie per le corse mondiali, con una trazione su quattro ruote che fa scuola: altre stagioni trionfali siglate da cinque titoli mondiali e tante altre vittorie. Ma ormai i rally sono dispendiosi come le F1 e la Lancia, che non attraversa momenti particolarmente felici, lascia l’attività sportiva. Si spera non definitivamente.

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