Roma

Regione Lazio, incarichi di famiglia

Antonella Aldrighetti

Quali che siano le politiche per la famiglia che la giunta Marrazzo voglia adottare da qui a cinque anni, per adesso, almeno, le uniche certezze riguardano solo alcune curiose anticipazioni. Nessun riferimento, ovviamente, ai pacs o ai contratti affettivi di qualsiasi altra natura giuridica, ma a un macroscopico «caso di famiglia» che non dev’essere certo sfuggito all’attenzione dell’ex conduttore di «Mi manda Raitre»: l’ingaggio di madre e figlia all’interno dello stesso ufficio alla Regione Lazio.
Ma addentriamoci nei particolari. Com’è noto, a una qualsivoglia alta carica istituzionale viene assegnato oltre all’ufficio di segreteria particolare anche un ufficio di gabinetto. Quello della «casa di vetro» è diretto da Pierluigi Mazzella che, a sua volta, ha alle sue dirette dipendenze un capo di segreteria: Patrizia Camponeschi, grazie a un «comando» richiesto al ministero del Tesoro mentre, tra le sottoposte della signora Camponeschi, troviamo una certa Gaia Bottino. Fin qui nulla di strano, perché ci sarebbero anche altri dipendenti d’entourage ma si dà il caso che la signorina Bottino altro non sia che la figlia ventunenne della Camponeschi. Professione: studentessa. Ingaggiata con un contratto a tempo determinato per 16.523 euro annui in categoria C1.
Una sorta di «paghetta» che potrebbe servire alla giovane universitaria per fare fronte alle spese quotidiane e che, senz’altro, a chissà quanti altri colleghi d’ateneo farebbe gola. E invece no. I compagni di studio magari si dovranno accontentare di fare volantinaggio in mezzo alla strada, prestare opera in qualche call center o servire ai tavoli in uno dei tanti pub del centro città.
Mentre per lei ci ha pensato la giunta regionale a darle lo stipendio usufruendo di risorse pubbliche mentre, a indirizzarla verso il mondo del lavoro, c’è la preziosa esperienza acquisita dalla madre in tanti anni di servizio ministeriale.
E chi, meglio di una figlia, può riconoscere una tale dote? E viceversa, quale madre non si fiderebbe del fruttuoso apporto lavorativo della propria figlia? Ma non vogliamo entrare in faccende private: non è questo il punto. Poco più di un mese fa, un altro caso di famiglia è assurto agli onori delle cronache (stiamo parlando dell’assunzione avallata ad hoc, a coordinatrice di staff della direzione generale, per la moglie del manager al policlinico Umberto I) e, malgrado le innumerevoli interrogazioni presentate dall’opposizione regionale, da parte della maggioranza ulivista non c’è stato uno straccio di risposta.
Ora, davanti a un altro caso che - non ce ne voglia il presidente Piero Marrazzo - può essere senza dubbio considerato eclatante, sarebbe interessante almeno conoscere le modalità di assunzione per quanto riguarda gli incarichi cosiddetti fiduciari. Perché proprio qualche giorno fa l’assessore al Lavoro, alle Pari opportunità e Politiche giovanili Alessandra Tibaldi, avrebbe tirato fuori dal cilindro una delibera che presto presenterà in giunta per sanare 4.

000 posizioni lavorative precarie - e, quindi, a tempo determinato - bypassando l’oculatezza di gestione del personale imposta da varie normative nazionali.

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