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Il regista Barkhatov e le fiamme in scena. "Il fuoco purifica più dell'acqua"

Il grande successo di "Lady Macbeth" grazie anche al colpo di scena nel finale

Il regista Barkhatov e le fiamme in scena. "Il fuoco purifica più dell'acqua"
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Uno scroscio di applausi accoglie il soprano Sara Jakubiak, protagonista di Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Shostakovich, quando raggiunge il suo tavolo nella Sala Oro della Società del Giardino. Qui si è svolto il "quinto" atto della Prima della Scala del 7 dicembre: la cena di gala, firmata Davide Oldani, accompagnata dai brindisi di Franciacorta Bellavista e servita da un esercito di sommelier e camerieri ai 500 ospiti presenti. Tra i tavoli, il mondo della finanza, della politica, della cultura e dell'imprenditoria. Si intercettano conversazioni in lingua russa, provengono dal tavolo degli artisti, ma in platea c'erano i miliardari russi, tra cui Kusnirovich, melomane e storico mecenate che avevano assistito allo spettacolo, riaffacciandosi alla Scala dopo anni di assenza.

La Lady Macbeth russa scuote la Prima. E scuote anche Riccardo Chailly che ha voluto con forza questo titolo: deposta la bacchetta dopo tre ore e mezza, si dirige subito in camerino. Non parla. L'emozione è evidente, trattenuta dietro l'abituale compostezza. Comprensibile: è la sua dodicesima, e ultima, Prima alla Scala.

"Oh cielo... Adesso sono molto più rilassata - racconta Jakubiak - Non sono mai stata così nervosa per uno spettacolo. Avevo aspettative, certo, e sono sicura anche il pubblico. Ho sentito un'energia bellissima". La scena finale, con le ergastolane che stuprano Katerina, è stata la più difficile: "Donne contro donne... Non mi era mai accaduto in un'opera. In sala prove ero quasi scioccata, temevo di non farcela". Ma la complessità del personaggio permette di empatizzare, perché "Katerina desidera bellezza, amore, libertà". Come la mettiamo - si chiede a Jakuboak che vive in Michigan - con la libertà negli Usa? "Mi sento ancora piuttosto libera. Davvero. Come in Shostakovich: un regime o un governo non può definirti. Non deve definirti. Abbiamo sempre una scelta, anche quando è quella sbagliata".

La regia di Vasilij Barkhatov, moscovita, consegna gli ultimi minuti a un colpo di scena: due stuntwomen, nei panni di Katerina e Sonetka, si incendiano invece di annegare. A sipario calato arrivano applausi anche per lui, tutt'altro che scontati viste le reazioni spesso difficili alle prime scaligere. "Sì, avevo messo in conto eventuali contestazioni. Al San Carlo di Napoli ho sperimentato i fischi. Qui, essendo un'opera russa, forse non potevano giudicarmi troppo: è il mio Dna. Fosse stata Madama Butterfly, Traviata o Turandot, forse la reazione sarebbe stata diversa".

Sull'idea del fuoco aggiunge: "La fiamma pulisce meglio dell'acqua. Non è una mia invenzione: è un'idea di Katerina Ismailova stessa. Il fiume, il corso d'acqua, sono un modo per chiudere, lavare via la situazione. Il fuoco è un'altra forma di auto-immolazione".

Sul finire della cena, il regista passa da un tavolo all'altro per congratularsi con la sua squadra: pacche sulle spalle, strette di mano, baci alla russa. Tra i ringraziati, il tenore Najmiddin Mavlyanov, nei panni scomodi di Sergej: "È un personaggio misero, lontano dagli abituali ruoli da amante. Ho dovuto lavorare molto su questo ruolo".

Anche Alexander Roslavets, che è Boris, riflette sul suo personaggio: "È cattivo, viscido, ma alla fine assai triste: una figura complessa che riflette i contrasti e le sfumature di un mondo russo intricato".

La serata si chiude con la consapevolezza di aver portato in scena un'opera complessa, violenta e tutt'altro che "comfort".

Il pubblico in sala ha apprezzato; quello televisivo, invece, è calato rispetto agli anni scorsi. Lady Macbeth non facilita, non consola: chiede attenzione. Chi era in teatro ha accettato la sfida, da casa ovviamente un po' meno.

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