Regno Unito, William e Kate sposi Così la monarchia inizia un’altra storia

Una grande festa, i due giovani belli e felici: i Windsor provano a voltare pagina e a far dimenticare Diana. Pizzi, merletti e niente eccessi: l'abito imita lo stile Grace Kelly. Le pagelle di Alberta Ferretti. Guarda tutte le foto e i video del matrimonio

Regno Unito, William e Kate sposi  
Così la monarchia inizia un’altra storia

Era passata da pochissimo l’una e mezzo di un pomeriggio strabiliante quando Sua Maestà ha girato i tacchi, ha abbandonato il balcone di casa e ha fatto rientro in una delle seicento stanze del palazzo reale. Elisabetta, la regina vestita di giallo ikea, dalla testa ai piedi, aveva capito che ormai il fatto era avvenuto, già consumato forse, comunque esaurito nei dettagli di protocollo. William e Kate avevano dato abbastanza, finalmente sposi, uniti in matrimonio dinanzi a mille e più di mille invitati e a due miliardi di altri spettatori in ogni dove del mondo.

Da ieri gli inglesi, non soltanto loro, non sono più orfani. Catherine Elizabeth Mountbatten-Windsor, nata Middleton, è la nuova duchessa di Cambridge, moglie del principe William e cerca di soffiare, con quel filo di voce e di respiro che l’ha portata nel paradiso dei re e delle regine, prova, dicevo, a spingere via la nuvola grigia, malinconica, gonfia, di Diana Spencer. I Windsor tentano di ricominciare un’altra storia, fresca, giovane, diversa.
Il viso di William era quello di un bambino davanti ai regali di babbo natale. La bocca di Kate, con la smorfia sghemba naturale, era quella di una pupa che sa benissimo di avere messo le mani nel barattolo di marmellata. Comunque, bellissimi come era bellissima Londra, the Mall, Whitehall, la piazza del Parlamento, la strada delle Guardie a Cavallo, Trafalgar, Hyde park, con la luce del sole e il colore delle bandiere inglesi, dovunque, sugli alberi, alle cancellate, ma con il popolo ordinato, oltre le transenne, facce antiche di un paese incredibile, donne varie e di ogni età, veterane, madri, maggiorate, minorenni, studentesse, ragazzi, bambini, uomini, reduci, vestiti per la festa, accampati per due notti, al buio, aspettando un’alba altra, per sentire il profumo della principessa, per salutare William, per sbirciare Elisabetta, magari anche Camilla. Un popolo sbracato che sa ricomporsi quando deve, quando vuole, quando sa. È l’Inghilterra.

William e Harry hanno percorso il tragitto da Clarence House a Westminster sorridendo e salutando la folla. Guardavano altrove. Era il sei di settembre del Novantasette quando i due fratelli, lungo quello stesso itinerario, seguirono a piedi un affusto di cannone sul quale era stato posto il feretro della loro madre. Su un mazzolino di rose bianche, William e Harry avevano appoggiato un biglietto, scritto a mano: «mummy».

Ieri, addobbati in divisa da cerimonia, accomodati sulle carrozze di un secolo fa, i due fratelli scuotevano l’aria con la mano, salutando quella stessa gente di allora, sembrava quasi volessero cancellare un ricordo, un fotogramma amaro. Impossibile. C’era anche e ancora lady Diana tra quelle donne con cappelli improbabili, tra quelle figure vestite come al luna park, i maschi in tight come i portieri degli hotel a cinque stelle, le femmine individuate per i copricapo da cartoni animati. Non ho visto fiori in chiesa, i Windsor sognano di essere tampax ma sono anche ecologisti, niente rose o gladioli recisi ma opere di bene e rami verdi di alberi, sulla testa degli invitati.
Kate ha mantenuto la stessa espressione, sempre, da quando ha lasciato l’albergo, infilandosi, con qualche affanno per lo strascico lungo tre metri, nella Bentley lucida come uno specchio, a quando è entrata a Westminster portata per mano dal padre Michael; da quando ha attraversato lentamente la navata dell’abbazia a quando ha raggiunto il sedile rosso davanti all’altare, accanto al paonazzo William, a quando ha recitato la formula di rito dimenticando (oh my God!), la parola «obbedienza».

Ancora quando è salita sul landau, quando si è affacciata al balcone, addirittura quando William l’ha baciata. Uguale, bellissima, elegante ma molto inglese, rigida per l’emozione o per la scuola di fidanzamento, durata nove anni, il tempo per scegliere, il tempo per fuggire, il tempo per sognare e abituarsi a un ruolo e a una postura poco commoner, molto foxy. William le ha rivolto una frase d’amore: «Sei bellissima, ti amo» ma è come se le avesse detto, «hello, come va?». Sbrighiamoci che devo fare altro. Quando il coro ha intonato l’inno nazionale, hanno preso a cantare tutti, fuori e dentro l’abbazia, tutti, Camilla, Charles, la famiglia Middleton al completo, Filippo, Elton John, David Beckham e Victoria, incinta e immusonita a prescindere, Cameron e sua moglie Samantha, la sola senza cappellino carnevalesco, tutti insomma, tranne ovviamente Sua Maestà che non poteva certo recitare «Dio salvi me stessa».

Quando gli sposi se ne sono andati in carrozza, la scenetta allestita per caso, davanti a Westminster, ha proposto una istantanea esclusiva: tre suocere in un colpo solo, Carole, Elizabeth e Camilla, azzurro, giallo e ostrica, i colori degli abiti delle madame, nulla posso dire del loro confabulare mentre le solite portinaie di corte hanno insinuato che, a bordo di uno dei cocchi regali, Charles e Camilla abbiano discusso animatamente, prima che l’obiettivo delle telecamere del regno venisse dirottato altrove, per evitare un altro scandalo a corte.

Il diadema sul capo di Kate era nascosto appena dal velo, quella tiara vale una fortuna per il tesoro della regina che ha dato in prestito il gioiello alla sposa ma vale anche una cifra, direi un botto, per Ladbrokes che è una compagnia di scommesse. La scorsa settimana, nell’agenzia di Berk, vicino ad Ascot, si era presentata una signora con un mazzo di seimila sterline. Ha chiesto la quota di una puntata strana: Kate avrebbe portato sul capo il diadema di Elisabetta. Il bookmaker ha capito di avere a che fare con una tipa che doveva avere qualche amicizia a Buckingham, ha accettato la giocata ma tenuto bassa la quota: 12 a 1, ieri la signora ha provveduto all’incasso di centomila euro, il bookmaker vorrebbe diventare repubblicano.

Sono le cose che accadono in questo Paese, che fa tornare alla mente una vecchia battuta: «Quando a New York sono le sette del mattino, a Londra è l’1 gennaio del Quarantanove». Ecco perché Elisabetta, trascorsa l’una e mezza, una volta passati i jet della Raf sopra il suo cappello giallo, ha dato un’occhiata al Big Ben e ha ritenuto che la questione fosse ormai risolta, è rientrata in casa e ha provveduto con un cenno a dare inizio non alle danze ma al pranzo, con ovvio taglio finale della torta.

Nella fotografia sorridono tutti. Da oggi si gioca al toto re. Si accettano scommesse del tipo di cui sopra. Carlo e Camilla temono i franchi tiratori. William è un ragazzo dolce. Kate, intanto, dovrà restituire il diadema.

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