Le relazioni pericolose tra pm e penne di sinistra

I rapporti privilegiati finiscono per alimentare un circuito mediatico-giudiziario

Qualcuno li considera pubblici ministeri di complemento. Giornalisti che non devo­no bussare in procura, perché vantano ami­ciz­ie o liason con i magistrati titolari di delica­tissimi fascicoli. Ma la verità è più sfumata: procuratori e opinionisti spesso hanno rap­porti alla pari, s’influenzano a vicenda e ali­mentano un unico circuito mediatico-giudi­ziario, com’è normale fra persone che si sti­mano e si frequentano. Caso classico, da ma­nuale, è il legame fra due big del giornalismo e della magistratura: Marco Travaglio e Anto­nio Ingroia. Travaglio ha firmato la prefazio­ne del saggio di Ingroia «C’era una volta l’in­tercettazione » e l’ha incensato spiegando che «il libro è uno strumento per capirci qual­c­osa nella giungla delle leggi vergogna del re­gime berlusconiano», Ingroia si è presenta­t­o al forum di lancio del quotidiano travaglie­sco il Fatto , oggi imperdibile per la sinistra gi­rotondina e giustizialista.

Una cortesia, in sè un episodio quasi bana­­le, che però ha acceso le micce della diffiden­za dalle parti del centrodestra, abituato a duellare con Ingroia da sempre, come in un celebre racconto di Conrad. Nessuno, inve­ce, ha notato che fra le leggi di Berlusconi, non importa se sacrosante o della vergogna, non c’è proprio quella sulle intercettazioni, fermata dal fuoco di sbarramento dell’appa­rato ­di cui Ingroia e Travaglio sono esponen­ti di punta. Se n’è andato il Cavaliere, il libro, pur se con il titolo declinato all’imperfetto, è ancora in circolazione. Insomma, la lobby in­tellettuale esercita un fascino e un potere di seduzione straordinari e che non possono essere misurati a colpi di verbali pubblicati da questa o quella gazzetta. 

E la premiata coppia Travaglio-Ingroia non è stata ammaccata nemmeno dall’infor­tunio capitato a uno stretto collaboratore del pm, il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro che andò anche in vacanza insieme ai due.Si è scoperto che l’insospettabile sottuf­ficiale, esempio classico di un certo mimeti­smo tutto italiano, era la talpa alla Direzione distrettuale antimafia di personaggi poco raccomandabili. Così mafia e antimafia han­no convissuto finché Ciuro è stato condan­nato a 4 anni e 8 mesi. La solita claque dei benpensanti, a parte i puntuti articoli di Re­pubblica , 
ha metabolizzato con disinvoltu­ra il guaio. Ma la stessa benevolenza non sempre è stata accordata a toghe e firme del­la carta stampata, sfiorate da inchieste su P varie o da voci e sussurri malevoli. In Italia non c’è un clima di tolleranza bipartisan e an­zi i g­iornalisti cosiddetti progressisti si perdo­nano tutto quel che viene condannato se il peccato arriva dall’altra parte, magari da un cronista d’assalto della fantomatica struttu­ra Delta. Quella che, secondo i maestri della
 penna rossa, fabbricherebbe complotti su scala industriale per screditare i nemici del berlusconismo.

Altra coppia chic, oggetto di infinite illazio­ni, è quella formata dal pm Henry John Woo­dcock, quello di innumerevoli inchieste ad alta densità di vip, e da Federica Sciarelli, la bella conduttrice del popolarissimo pro­gramma di Rai3 Chi l’ha visto? . C’è una foto, famosa, che immortala i due mentre fanno jogging per le vie di Roma.E un’altra che li ri­prende in barca, nell’estate del 2009, insie­me a Sandro Ruotolo, il baffuto braccio de­stro di Michele Santoro e fratello del cronista giudiziario della Stampa , Guido. «La mam­ma dei Ruotolo e la mia erano grandi ami­che », ha raccontato Woodcock per spiegare questo intreccio di rapporti. Nel 2009 un esposto anonimo accreditava l’ipotesi che la Sciarelli fosse l’autrice di scoop cuciti nel­l’ufficio di Wooodcock. Ma l’anonimo ha fat­to cilecca, anzi si è rivelato un falso.

Nessun cortocircuito e invece lui firma la prefazione al libro di lei Il mostro innocente . Altro che fu­ghe di notizie. Semmai un salotto che diven­ta un’icona per la solita opinione pubblica. 

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